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Piacenza in Grigioverde

“piacentini nella grande guerra – di filippo lombardi”

E’ uscito il primo volume di una collana dedicata a Piacenza e ai piacentini nella Prima Guerra Mondiale. Il titolo della serie, “Piacenza in grigioverde”, si rifà al colore tipico della divisa con la quale i soldati italiani affrontarono le pietraie del Carso e i monti del Trentino. Da allora il grigioverde è rimasto, nella memoria collettiva, il colore della Prima Guerra Mondiale. Ma il grigioverde non fu indossato solamente dai soldati: venne portato, idealmente, da tutti i piacentini, uomini e donne, che si ritrovarono immersi in una guerra totale e, pur non essendo al fronte, diedero il loro contributo in quasi quattro, lunghi anni di guerra. Piacenza divenne una sorta di città militarizzata; già dotata di numerose caserme, di un importante Arsenale e di un grande Ospedale Militare, la città vide nascere attendamenti, depositi, altri ospedali, centri di assistenza. Questo primo volume è dedicato alle biografie e alle storie di combattenti al fronte. Qualcuno è noto, qualcuno è famoso, ma troviamo anche le storie di diverse persone ignote ai più. Di una, addirittura, non conosciamo neppure il nome: un piacentino sconosciuto che sopravvisse alla guerra, e del quale alcuni anni or sono è stato ritrovato una sorta di diario/riassunto scritto in età ormai avanzata. Non si poteva iniziare senza ricordare la figura di Alessandro Casali, l’unica Medaglia d’Oro piacentina del conflitto, ma scorrendo queste pagine si troveranno tanti nomi di persone “normali” che vennero chiamate a fare il loro dovere e partirono con il loro carico di dubbi, paure e angosce. Qualcuno ritornò, altri furono meno fortunati..

Luigi Zoni
“marinaio e aviatore”

Questo breve capitolo avrebbe potuto portare nel titolo un punto interrogativo. Luigi Zoni, marinaio o aviatore? Perché questo giovane, conosciuto ai più perché gli è intitolata la via che collega via Scapuzzi a via Boscarelli, parallelamente a via Pietro Cella, iniziò la sua vita militare come marinaio e la terminò come aviatore. Ancora negli anni Ottanta del secolo scorso, sulla stampa quotidiana, si poteva leggere di una garbata diatriba fra le associazioni dei marinai e degli avieri, ognuna delle quali avrebbe gradito arruolare l’eroico giovane di Sant’Antonio. Luigi nacque il 25 marzo 1892 a Sant’Antonio a Trebbia, quando ancora questa località non era stata inglobata da Piacenza ed era un comune autonomo. Il padre Cesare era persona nota in città: aveva dapprima fatto il panettiere in un forno di via Calzolai, ed era poi divenuto custode del Palazzo del Governatore. La moglie, Angela Debé, oltre a Luigi gli aveva dato un altro figlio, Giovanni, e due figlie, Anna e Maria. Nel 1909, all’età di 17 anni, Luigi decise di fare una scelta diversa da quanto ci si poteva aspettare da un giovane piacentino e, probabilmente per andare oltre gli orizzonti di un cittadina di provincia, si arruolò in Marina, assegnato al Comparto Marittimo di La Spezia come mozzo, con il numero di matricola 49850. La sua vita nella Regia Marina, (sarebbe divenuto dapprima timoniere nel 1910, sottocapo timoniere nel 1913 e poi secondo capo timoniere nel 1915), si svolse tra La Spezia e Taranto, a bordo di diverse navi: svolse il suo servizio sulla corazzata da battaglia Sicilia, probabilmente la prima nave da battaglia italiana ad essere dotata di radiotelegrafo, sull’ariete torpediniere Puglia e sull’avviso Staffetta.


nave appoggio idrovolanti Europa

Probabilmente la scintilla che cambiò la vita di Luigi Zoni fu il suo incontro con la nave appoggio idrovolanti Europa, sulla quale prestò servizio. Quando, il 6 ottobre 1915, l’Europa entrò in servizio per la Regia Marina nella base di Brindisi, disponeva di dodici idrovolanti, otto dei quali pronti al volo. La sua realizzazione rientrava nei piani della Marina che fin dal 1913, con la istituzione della Sezione Aviazione e l’acquisto in Francia di cinque idrovolanti FBA (Franco British Aviation) aveva dato vita ad una propria forza aerea, disgiunta dalla Aeronautica dell’Esercito. Chissà, forse vedere i coraggiosi piloti che con i loro idrovolanti planavano sui galleggianti sulle onde, venivano raccolti o depositati in acqua per prendere il volo, fece nascere in Luigi il desiderio di provare tale e tanta libertà, di appartenere a quella élite cavalleresca che era allora il cerchio ristretto dei piloti. Quando nel 1916 fu bandito un concorso per la selezione di 200 allievi piloti per le forze aeree della Marina, Luigi vi partecipò con entusiasmo e risultò fra i vincitori. Venne inviato a Torino dove si brevettò pilota, e venne poi assegnato alla 253ª Squadriglia Idrovolanti. La 253ª era basata a Grado, al comando del tenente di vascello Federico Carlo Martinengo, ed era dotata di velivoli FBA, Lohner Macchi L.3 e Macchi M. 5. I compiti da adempiere non erano prettamente quelli dell’idrovolante, destinato normalmente alla ricognizione e all’osservazione marittima: i piloti delle squadriglie dislocate a ridosso del fronte svolsero azioni di bombardamento, di scorta a navi da guerra e da carico, di mitragliamento delle trincee e delle truppe nemiche, e non disdegnarono i duelli aerei con gli aviatori austriaci delle basi vicino a Trieste. La parabola di Luigi Zoni si compì fra il 1916 e il 1917, scandita dal suo meritare ben tre medaglie d’Argento al Valor Militare, le cui motivazioni illustrano perfettamente quanto detto in relazione alla varietà di compiti che spettava ad un pilota di idrovolanti.


La prima medaglia gli fu concessa per un ardito duello aereo, degno di un apparecchio da caccia: “Attaccava risolutamente e con successo aerei nemici, insistendo nell’attacco fino nelle immediate vicinanze di batterie nemiche. Basso Adriatico, 15 maggio 1916”.
La seconda è una medaglia che riassume un intero periodo di eroismi, che premia quasi un mese di ricognizioni, combattimenti e bombardamenti sulle retrovie, sempre contrastati dalla artiglieria antiaerea austriaca: “Pilota di idrovolante da ricognizione in numerose missioni aeree sulla costa nemica si dimostrava valentissimo ed ardito combattente. Particolarmente distinguevasi in duelli aerei con velivoli da caccia avversari che obbligava alla fuga, ed in tre bombardamenti nelle retrovie nemiche, per compiere i quali sfidava serenamente il violento fuoco delle artiglierie, riuscendo ciò malgrado a portare felicemente a termine la missione affidatagli. Alto Adriatico, 10 – 26 maggio, 7 giugno 1917”.
La terza medaglia, quella alla memoria, ci fa capire che egli, perlomeno dalla metà del 1917, pilotò anche aerei da caccia: “Pilota di idrovolante compiva con apparecchio da ricognizione numerosi bombardamenti, sfidando il fuoco nemico, ed eseguiva con apparecchio da caccia varie missioni, dimostrando sempre abilità ed audacia eccezionali. Di esempio e di incitamento a tutti, in una circostanza attaccava risolutamente tre velivoli da caccia nemici danneggiandoli finché, a sua volta, colpito e con apparecchio in fiamme precipitava in mare incontrando morte gloriosa. Trieste – Golfo di Trieste, agosto – settembre, Costa istriana, 23 settembre 1917”.

E’ anche il racconto della sua morte, avvenuta sul mare d’Istria il 23 settembre 1917. Quel giorno il suo destino si incrociò con quello di un altro cavaliere del cielo, un avversario venuto da Cracovia, oggi Polonia ma allora Impero Austro-Ungarico. Si chiamava Frank Linke-Crawford, era figlio di un galiziano e di una signora inglese, e pilotava un temibile Albatros D.III. Le cronache aeronautiche raccontano che proprio quel giorno, con l’abbattimento di un idrovolante italiano, Frank Linke-Crawford raggiunse il numero di vittorie necessarie per ottenere la qualifica di “Asso”. Neanche Linke-Crawford, quarto degli assi austriaci con 27 vittorie aeree, sarebbe sopravvissuto al conflitto: il 30 luglio 1918, sopra Guia, una frazione di Valdobbiadene in provincia di Treviso, fu abbattuto dal caporale Aldo Astolfi. La salma di Luigi Zoni non fu mai recuperata, ed egli riposa quindi nel mare Adriatico, da qualche parte davanti alle coste istriane. La sua figura fu ricordata dalla Marina che nel primo dopoguerra gli intitolò l’aeroporto di Livorno; a Piacenza, alcuni decenni prima dell’intitolazione della via, gli fu invece dedicata un’aula al piano terra dell’Istituto Tecnico di via Cavour.


l’asso austriaco Frank Linke-Crawford


dal Diario di un Fante Sconosciuto

Negli anni successivi alla Grande Guerra il genere letterario della diaristica e della memorialistica personale ebbe un discreto successo, al punto che verso la fine degli anni ’30 si possono contare diverse centinaia di queste pubblicazioni. Alcuni sono realizzati da autori famosi e stampati da importanti case editrici. come è il caso dei volumi di Corrado Alvaro, di Emilio Lussu, di Carlo Emilio Gadda o di Paolo Monelli. Il più delle volte si tratta di volumi o fascicoli realizzati in maniera autonoma, stampati presso piccole tipografie in un limitato numero di copie, con una distribuzione limitata all’ambito locale, alla cerchia di amici e famigliari, agli appartenenti ad una associazione d’arma o ai reduci di un determinato reparto. Poi, con la progressiva scomparsa dei protagonisti, queste pubblicazioni sono andate via via scemando, venendo periodicamente recuperate e ristampate in occasione di ogni decennale della fine della guerra. A tratti, quindi, la diaristica e la memorialistica riemergono come genere letterario. Il caso ha voluto dare il proprio contributo, e aggiungere a questa produzione un altro piccolo tassello di vita vissuta.

Ai primi di ottobre 2008, in un mercatino dell’antiquariato della provincia di Piacenza, più precisamente a Caorso, da un fascio di volantini pubblicitari, ritagli di giornale e fatture commerciali è riemerso il manoscritto a cui un anziano combattente, nel 1971, ha affidato i propri personali ricordi di guerra. Purtroppo nel testo non ci sono riferimenti a date o a luoghi che possano condurre all’identificazione dell’estensore, che ha utilizzato per la bisogna il retro di una cartelletta d’archivio di colore azzurro. Dal suo racconto possiamo dedurre che fosse nato fra il 1892 e il 1894. Nel diario afferma infatti di essere stato richiamato il 22 novembre 1915 e assegnato poi al 206° reggimento di fanteria: questa notizia corrisponde al fatto che nel novembre di quell’anno furono richiamate le reclute del 1894 e i riformati delle classi ’92-’94, una massa di uomini destinati a costituire i nuovi reggimenti numerati da 201 a 224. Nel 1971, quando affidò i suoi ricordi al manoscritto, poteva avere dunque fra i 77 e i 79 anni. Il diario racconta delle azioni belliche del 206° reggimento ad Oslavia, al Dosso del Bosniaco, a Gorizia e a Casa Due Pini. Il nostro soldato passò poi al 231° fanteria e combatté sul monte Cucco e sul Vodice prima di essere coinvolto nella ritirata di Caporetto. Terminò la guerra con il 79° reggimento della brigata Roma, e si ammalò pure di influenza spagnola. Poi tornò alla sua famiglia, alla sua quotidianità e al suo lavoro. Il testo del diario è stato riportato senza effettuare alcuna modifica, e senza correggere alcuni comprensibili errori grammaticali che nulla tolgono alla sua comprensione.


pagina del diario di un fante piacentino


Indice del volume.
• Alessandro Casali, la medaglia d’oro.
• Rosa Porta, la crocerossina di Trento.
• Luigi Schenoni, Piacenza o Parma?
• Giovanni Righetti, artigliere a Caporetto.
• Mario Barabaschi, un ragazzo del ’99.
• Alfeo Drisaldi, la guerra non finisce mai.
• Paolo Bottarelli, alla ricerca del figlio perduto.
• Luigi Zoni, marinaio e aviatore.
• I fratelli Bonini, il pesante contributo di una famiglia di Ciriano.
• Giuseppe Dodi, il ragioniere dei contadini.
• Ludovico Lommi, bersagliere, ardito, medico condotto.
• Prospero Verani, una giovane vita per un ospizio.
• Umberto Ucelli, “vi prego fervidamente di non farmi dei musi”.
• Il diario di un fante sconosciuto.
realizzato nel mese di novembre 2014 da marvia edizioni voghera.