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i Macchinòn della Madonna d'Agosto

Piacenza e le Sculture pirotecniche


La sera del 15 Agosto del 1909, in Piazza Cavalli, fu fatto esplodere l'ultimo macchinone pirotecnico; in un fragoroso scoppiettare di bengala, girandole e mortaretti finiva così un importante tradizione piacentina che si tramandava di generazione in generazione da quasi 400 anni. L'incendio della scultura che era fatta di legno e cartone e costruita da abili artigiani, avveniva alla chiusura dell'importante fiera d'Agosto, che portava in città anche numerosi visitatori provenienti da altri Paesi. In questa occasione, Piacenza, sapeva veramente rendersi ospitale, numerosi padiglioni venivano allestiti in varie zone della città per ospitare le più svariate esposizioni: da quelle del bestiame a quelle che vedevano in mostra le macchine agricole ed industriali. Memorabili sono quelle del 1906 e quella del 1908 in concomitanza con la venuta in città del Re Vittorio Emanuele III per l'inaugurazione del nuovo ponte stradale. Queste attività festaiole vengono anche ricordate dai nostri maggiori poeti dialettali infatti Capra, Marchesotti e Faustini ricordano con dovizia di particolari e misero in rima tutto ciò che accadeva in quei giorni. La tradizione dei fuochi artificiali nelle piazze, risale al XVI sec., quando in diverse città Italiane come Roma e Firenze la grandezza e la potenza delle famiglie regnanti veniva manifestata facendo appunto esplodere giochi pirotecnici e sparati colpi di mortai e bombarde. Al culmine dei festeggiamenti veniva trainata nello spiazzo principale della città questa vera e propria scultura in carta pesta, (si dice che a Roma anche Michelangelo e Bernini ed a Firenze il Bramante, parteciparono alla costruzione e all'organizzazione di questi eventi) che riproduceva di volta in volta un soggetto diverso, architettonico o mitologico, ma sempre di ottima fattura e quindi per la felicità del popolo in trepidante attesa veniva acceso e bruciato.

A Piacenza, al tempo dei Duchi Farnesiani, venivano organizzate processioni di cavalieri e soldati in alta uniforme, rappresentanze di eserciti alleati, personalità politiche e ecclesiastiche amiche dei nostri Duchi; partendo da palazzo Farnese passavano sotto ad archi addobbati con festoni e fiori freschi, questo corteo si spostava in Piazza, dove con l'aiuto anche di fondali dipinti si ricreavano ambienti surreali e mitologici, si dava così vita agli spettacoli. Si dice che una volta per l'arrivo di un Duca da Parma, si preparò davanti al Gotico una enorme fontana che invece di zampillare acqua emetteva fuochi artificiali. Cronache più recenti, parlano di macchinoni riproducenti la chiesa di Santa Maria di Campagna (1828), vari templi di fattezza orientale (durante il risorgimento), nel 1891 la copia della Torre Eiffel, la statua della Libertà di New York ed infine nel 1909, un faro che secondo fonti popolari era stato progettato per essere costruito realmente e funzionare sulle sponde del nostro fiume Po' e sarebbe servito per orientare il traffico fluviale. Ma poi non fu mai realizzato ed il progetto venne utilizzato per la costruzione del macchinone pirotecnico di quell'anno. Con l'avvento di nuove realtà politiche e lo scoppio dei due eventi bellici Mondiali, le conseguenti crisi finanziarie fecero cadere nell'oblio questi festeggiamenti estivi per non essere mai più riproposti. “Stefano Beretta - Piacenza”.





i macchinoni in piazza cavalli – fotocroce