la Storia di Piacenza
Placentia la Primogenita
Pochi sono i riscontri dell’età del bronzo, i popoli Celti e liguri stanziati nel nord dell’Italia non hanno lasciato tracce importanti nella zona dell’attuale Piacenza. La pianura padana divenne un luogo di scambio tra due popoli, i Greci via mare portavano le loro mercanzie e gli Etruschi arrivando dalla toscana offrivano scambi di merce variegata. Nei campi di Gossolengo, precisamente a Settima, nel 1877 un contadino arando il suo campo trovò uno strano oggetto, si accertò in seguito che era il “ Fegato etrusco” attualmente esposto al museo civico di Piacenza. Si tratta di un fegato di pecora in bronzo di fattura etrusca con incise molte diciture ed usato dei sacerdoti per leggervi il volere divino.
Si narra che nell’estate del 218 a.c. i romani ebbero l’esigenza di costruire un avamposto a nord della grande Roma, questo luogo divenne la 53esima colonia romana che si estendeva in una posizione strategica tra due fiumi la Trebbia ed il Po, cosi vide la luce Placentia. Probabilmente la scelta di costruire un castrum su di una distesa alluvionale e più alto di alcuni metri rispetto al territorio circostante fu dovuta all’incombente minaccia di una seconda guerra punica con Annibale che, con i cartaginesi aveva appena vinto la battaglia del Ticino e si preparava ad altre conquiste. Annibale, dopo aver espugnato Casteggio, vinse anche la battaglia della Trebbia dove persero la vita oltre 20.000 soldati romani. Solo Placentia seppe resistere, venne bonificato il territorio paludoso, si iniziarono le produzioni di cereali, la pastorizia divenne una importante attività e con essa anche la tessitura della lana, quindi Placentia divenne un importante municipio romano con un porto molto attivo sulle sponde del Po. Della vecchia Placentia e del suo antico splendore romano è rimasto ben poco, alcuni resti di mosaici pavimentali, poche statue e decorazioni. Dell’anfiteatro, che doveva trovarsi nella parte nord della città , non vi sono tracce, solo alcune urne, lucerne e medaglie sono state rinvenute. Non si è riuscito a capire dove fossero collocate le terme, probabilmente nella zona del Duomo, inoltre durante gli scavi per la costruzione del palazzo INPS venne alla luce la cinta murale dell’antica Placentia .
Dovendo, il console Marco Emilio Lepido, risalire l’Italia con le sue legioni volle che fosse costruita una strada sicura e dritta per il suo esercito, cosi nel 187a.c. la via Emilia vide la luce e prese il suo nome. Con la costruzione di questa importante strada militare la via Emilia poteva accogliere viandanti, carri dei rifornimenti e greggi, da allora ci fu un interminabile fiume di uomini e cose. Tutti percorsero la via Emilia Imperatori, Papi, pellegrini, avventurieri, mercanti, soldati sconfitti e vittoriosi.. Emilio lepido fece un grande progetto, per maggior sicurezza, fra Placentia e Modena, fece costruire una colonia chiamata Parma che i Romani costruirono di forma circolare e non quadrata come al solito. Gli abitanti di Placentia, in era cristiana, iniziarono a costruire dei piccoli sacelli in onore dei martiri del luogo, tra cui Antonino. Il centurione romano Antonino cristianizzò i popoli della zona all’inizio del IV secolo e venne martirizzato da Diocleziano, Piacenza lo onorò con la costruzione della basilica e divenne patrono della città. A Placentia, verso il 476d.c., ebbe fine lo storico ciclo dell’impero romano d’occidente con l’assassinio del generale Flavio Oreste e con la successiva cacciata dell’ultimo imperatore Romolo Augusto.
Dopo la fine dell’impero romano, Piacenza subì la stessa sorte di altre città, fu attaccata, assediata e saccheggiata, infine ricostruita in seguito alle invasioni barbariche. Nel nord arrivarono, dalla Pannonia, le truppe degli Unni con a capo il terribile Attila, detto “il flagello di Dio”, per la sua crudeltà e cattiveria. Le sorti della città si risollevarono quando vi fu stabilita la sede di un ducato longobardo, ma solo dal IX secolo, sotto il dominio dei franchi, si ebbe una consistente rinascita. Intorno all’anno Mille si registrò un crescita demografica ed economica, essendo posizionata sulla nota via Francigena, un itinerario della storia, che portava in città numerosi mercanti e pellegrini. Nel 1095 papa Urbano II indice da Piacenza la prima Crociata per la liberazione della Terra Santa. Il luogo esatto è identificabile oggi in piazza delle crociate-via campagna. Alla guida del francese Goffredo di Buglione ed al grido di “Dio lo vuole” partirono, verso la Terra Santa, più di 150.000 uomini fregiandosi sul petto di una croce rossa. Molti piacentini, accompagnati dal Vescovo parteciparono a quella spedizione, erano i crociati.. Verso il 1122 iniziarono i lavori dell’attuale cattedrale con il santuario, la cripta, le navate minori e i portali, che diventarono l’attuale Duomo. Papa Innocenzo II consacrò la nuova basilica il 14 ottobre 1132, la chiesa è di stile romanico, la costruzione venne finanziata dal clero e dalla popolazione con l’apporto delle corporazioni di arti e mestieri. Le corporazioni ricordate, con bassorilievi, sono i tintori, i venditori di stoffe, i calzolai, i carradori, i fornai e i conciatori di pelli. Nel 1600 il duomo venne ancora arricchito e restaurato secondo lo stile barocco. Nel corso dei secoli ebbe altre modifiche e dal 1897 al 1902 il vescovo Scalabrini volle altri lavori di restauro. Nel 1534, con il nome di Paolo III, venne eletto Pontefice Alessandro Farnese signore delle terre di Farneto-Orvieto. Il Papa aveva in mente di trasformare il ducato di Parma e Piacenza per poi consegnarlo al figlio naturale Pier Luigi il quale ne divenne duca nel 1545. Egli tentava di costruire uno stato per la sua famiglia, non per rafforzare lo stato Pontificio, ma solo per manie di grandezza. La cittadella, era la sede del ducato, formata da quattro torri con in alto una merlatura a coda di rondine e tutto intorno un fossato a protezione, in caso di attacco essa rappresentava una valida difesa anche se la città fosse caduta in mani nemiche. La costruzione di questa fortezza con i bastioni favorì la crescita della popolazione delle zone limitrofe e diede molta sicurezza ai cittadini, all’interno crebbero abitazioni e molti palazzi capaci di ospitare nobili e imperatori. La cinta muraria farnesiana fu edificata a partire dal 1535, con i suoi bastioni favorì l’arrivo di popolazioni provenienti dalle zone limitrofe e diede stimolo all’economia cittadina.
Pier Luigi si dimostrò un buon duca diplomatico, ma al grido di “Patria e Libertà “, una congiura lo portò alla morte nel 1547. Venne proclamato nuovo duca il figlio Ottavio, che regnò con la moglie Margherita d’Austria, al quale si deve la costruzione di Palazzo Farnese. Alessandro Farnese, figlio di Ottavio, si dimostrò un ottimo generale sempre impegnato in varie battaglie, fu artefice di una spinta economica e politica per il ducato, fece costruire dallo scultore Mochi le statue equestri collocate in piazza a Piacenza. Il ducato di Parma e Piacenza visse un periodo di incertezza e sbandamento quando la dinastia dei Farnese si estinse. Con la consegna a Carlo Alberto dei risultati del plebiscito per l’annessione al Piemonte, nel 1848, la città meritò il titolo di “Primogenita” . A cavallo dell’800 e inizio del 900 Piacenza conobbe un periodo di speranza in un futuro migliore di progresso e lavoro, i vari edifici pubblici erano illuminati elettricamente e il 20 settembre 1908 il re Vittorio Emanuele II inaugurò il nuovo ponte sul Po, nell’occasione ci furono anche gare di ginnastica di livello nazionale con atleti giunti da ogni parte d’Italia. L’Italia entrò in guerra il 23 maggio del 1915 e Piacenza, che ospitava molte caserme militari, divenne un punto di riferimento importante grazie alla presenza di reparti di fanteria, artiglieria pesante, cavalleria e il reggimento pontieri al quale è stato dedicato il monumento posto a nord della città vicino al ponte sul Po. Mentre gli stabilimenti militari dell’Arsenale, il caricamento proiettili e la direzione artiglieria preparavano munizioni senza sosta, l’ospedale militare, a pieno regime, era in grado di assistere feriti e malati. Alla stazione ferroviaria venne allestito un posto di assistenza per soldati di passaggio, in città aprì la “casa del soldato” attrezzata di tutto punto per far fronte alle varie esigenze operative. Dopo tre lunghi anni, il 3 novemvre1918, i rintocchi del campanone del gotico annunciava la fine della guerra, nel dopoguerra ci fu una ricostruzione lenta e laboriosa, però Piacenza si mostrò piena di iniziative, aprirono i primi bottonifici, officine meccaniche vetrerie, inoltre molti piacentini lavoravano negli stabilimenti militari.
Vennero gli anni venti e significarono, per le genti, malcontento e problemi di varia natura, di questo seppe approfittare un romagnolo di nome Benito Mussolini, che da socialista fondò il Partito Fascista, con lui videro la luce le “squadre d’azione” che, a parer suo, dovevano riportare ordine e sicurezza. A Piacenza molti indossarono la camicia nera e cosi nacque il Fascio Piacentino con a capo Bernardo Barbiellini Amidei ex capitano e di nobile famiglia. Dopo aver fondato “la scure”, l’unico giornale di Piacenza, divenne il Podestà della città. I fascisti presero il comando occupando anche la questura e a quel punto si insediarono anche le “squadre operative”, vennero vietati gli scioperi, soppressa la libertà di stampa e sciolti i partiti, il giornale Libertà fu assorbito dalla Scure di Barbiellini Amidei. Negli anni seguenti venne inaugurata la galleria d’arte moderna Ricci Oddi, fu progettato e costruita la “casa del balilla” nell’attuale sede del liceo scientifico Respighi. Con l’inizio della seconda guerra mondiale, nel settembre del 1939, l’Italia non era interessata a seguire i tedeschi, ma l’anno successivo si schierò con la Germania ed anche Piacenza rimase coinvolta da morti e distruzioni, nel 1943 il Re fece arrestare Mussolini ed affidò il governo al Generale Badoglio il quale firmò l’armistizio con gli inglesi. Mussolini riparato a Salò fondò la Repubblica Sociale, Piacenza venne occupata da reparti tedeschi questi lasciarono il posto a reparti di fanteria con aggregati dissidenti russi e cecoslovacchi. La felice posizione strategica di Piacenza fu un obbiettivo principale per i bombardamenti degli alleati, nel frattempo sulle nostre montagne, si aggregavano i gruppi armati dei partigiani “Gap”, molti giovani presero la strada delle montagne e fu creato il C.L.N. “comitato liberazione nazionale” il suo compito era di scacciare i nazifascismi e istaurare collegamenti con le truppe alleate anglo americane, il corpo dei partigiani divenne in breve tempo di una consistenza notevole di oltre 10.000 unità ben armati, nel mese di aprile i partigiani cominciarono a scendere verso Piacenza accerchiando la città, molti furono i combattimenti con la morte di tanti giovani, i tedeschi con i fascisti cessarono di resistere e iniziarono la ritirata verso nord, il 25 aprile le brigate partigiane entrarono in Piacenza accolte dalla popolazione in festa. Ancora una volta Piacenza era malconcia.. molti per necessità e per creare un futuro migliore emigrarono, la ricostruzione durò parecchi anni, fatta da genti laboriosa, capace e intraprendente che ci hanno consegnato una città bella ricca e intrigante, la “Primogenita d’Italia”.
Si narra che nell’estate del 218 a.c. i romani ebbero l’esigenza di costruire un avamposto a nord della grande Roma, questo luogo divenne la 53esima colonia romana che si estendeva in una posizione strategica tra due fiumi la Trebbia ed il Po, cosi vide la luce Placentia. Probabilmente la scelta di costruire un castrum su di una distesa alluvionale e più alto di alcuni metri rispetto al territorio circostante fu dovuta all’incombente minaccia di una seconda guerra punica con Annibale che, con i cartaginesi aveva appena vinto la battaglia del Ticino e si preparava ad altre conquiste. Annibale, dopo aver espugnato Casteggio, vinse anche la battaglia della Trebbia dove persero la vita oltre 20.000 soldati romani. Solo Placentia seppe resistere, venne bonificato il territorio paludoso, si iniziarono le produzioni di cereali, la pastorizia divenne una importante attività e con essa anche la tessitura della lana, quindi Placentia divenne un importante municipio romano con un porto molto attivo sulle sponde del Po. Della vecchia Placentia e del suo antico splendore romano è rimasto ben poco, alcuni resti di mosaici pavimentali, poche statue e decorazioni. Dell’anfiteatro, che doveva trovarsi nella parte nord della città , non vi sono tracce, solo alcune urne, lucerne e medaglie sono state rinvenute. Non si è riuscito a capire dove fossero collocate le terme, probabilmente nella zona del Duomo, inoltre durante gli scavi per la costruzione del palazzo INPS venne alla luce la cinta murale dell’antica Placentia .
Dovendo, il console Marco Emilio Lepido, risalire l’Italia con le sue legioni volle che fosse costruita una strada sicura e dritta per il suo esercito, cosi nel 187a.c. la via Emilia vide la luce e prese il suo nome. Con la costruzione di questa importante strada militare la via Emilia poteva accogliere viandanti, carri dei rifornimenti e greggi, da allora ci fu un interminabile fiume di uomini e cose. Tutti percorsero la via Emilia Imperatori, Papi, pellegrini, avventurieri, mercanti, soldati sconfitti e vittoriosi.. Emilio lepido fece un grande progetto, per maggior sicurezza, fra Placentia e Modena, fece costruire una colonia chiamata Parma che i Romani costruirono di forma circolare e non quadrata come al solito. Gli abitanti di Placentia, in era cristiana, iniziarono a costruire dei piccoli sacelli in onore dei martiri del luogo, tra cui Antonino. Il centurione romano Antonino cristianizzò i popoli della zona all’inizio del IV secolo e venne martirizzato da Diocleziano, Piacenza lo onorò con la costruzione della basilica e divenne patrono della città. A Placentia, verso il 476d.c., ebbe fine lo storico ciclo dell’impero romano d’occidente con l’assassinio del generale Flavio Oreste e con la successiva cacciata dell’ultimo imperatore Romolo Augusto.
Dopo la fine dell’impero romano, Piacenza subì la stessa sorte di altre città, fu attaccata, assediata e saccheggiata, infine ricostruita in seguito alle invasioni barbariche. Nel nord arrivarono, dalla Pannonia, le truppe degli Unni con a capo il terribile Attila, detto “il flagello di Dio”, per la sua crudeltà e cattiveria. Le sorti della città si risollevarono quando vi fu stabilita la sede di un ducato longobardo, ma solo dal IX secolo, sotto il dominio dei franchi, si ebbe una consistente rinascita. Intorno all’anno Mille si registrò un crescita demografica ed economica, essendo posizionata sulla nota via Francigena, un itinerario della storia, che portava in città numerosi mercanti e pellegrini. Nel 1095 papa Urbano II indice da Piacenza la prima Crociata per la liberazione della Terra Santa. Il luogo esatto è identificabile oggi in piazza delle crociate-via campagna. Alla guida del francese Goffredo di Buglione ed al grido di “Dio lo vuole” partirono, verso la Terra Santa, più di 150.000 uomini fregiandosi sul petto di una croce rossa. Molti piacentini, accompagnati dal Vescovo parteciparono a quella spedizione, erano i crociati.. Verso il 1122 iniziarono i lavori dell’attuale cattedrale con il santuario, la cripta, le navate minori e i portali, che diventarono l’attuale Duomo. Papa Innocenzo II consacrò la nuova basilica il 14 ottobre 1132, la chiesa è di stile romanico, la costruzione venne finanziata dal clero e dalla popolazione con l’apporto delle corporazioni di arti e mestieri. Le corporazioni ricordate, con bassorilievi, sono i tintori, i venditori di stoffe, i calzolai, i carradori, i fornai e i conciatori di pelli. Nel 1600 il duomo venne ancora arricchito e restaurato secondo lo stile barocco. Nel corso dei secoli ebbe altre modifiche e dal 1897 al 1902 il vescovo Scalabrini volle altri lavori di restauro. Nel 1534, con il nome di Paolo III, venne eletto Pontefice Alessandro Farnese signore delle terre di Farneto-Orvieto. Il Papa aveva in mente di trasformare il ducato di Parma e Piacenza per poi consegnarlo al figlio naturale Pier Luigi il quale ne divenne duca nel 1545. Egli tentava di costruire uno stato per la sua famiglia, non per rafforzare lo stato Pontificio, ma solo per manie di grandezza. La cittadella, era la sede del ducato, formata da quattro torri con in alto una merlatura a coda di rondine e tutto intorno un fossato a protezione, in caso di attacco essa rappresentava una valida difesa anche se la città fosse caduta in mani nemiche. La costruzione di questa fortezza con i bastioni favorì la crescita della popolazione delle zone limitrofe e diede molta sicurezza ai cittadini, all’interno crebbero abitazioni e molti palazzi capaci di ospitare nobili e imperatori. La cinta muraria farnesiana fu edificata a partire dal 1535, con i suoi bastioni favorì l’arrivo di popolazioni provenienti dalle zone limitrofe e diede stimolo all’economia cittadina.
Pier Luigi si dimostrò un buon duca diplomatico, ma al grido di “Patria e Libertà “, una congiura lo portò alla morte nel 1547. Venne proclamato nuovo duca il figlio Ottavio, che regnò con la moglie Margherita d’Austria, al quale si deve la costruzione di Palazzo Farnese. Alessandro Farnese, figlio di Ottavio, si dimostrò un ottimo generale sempre impegnato in varie battaglie, fu artefice di una spinta economica e politica per il ducato, fece costruire dallo scultore Mochi le statue equestri collocate in piazza a Piacenza. Il ducato di Parma e Piacenza visse un periodo di incertezza e sbandamento quando la dinastia dei Farnese si estinse. Con la consegna a Carlo Alberto dei risultati del plebiscito per l’annessione al Piemonte, nel 1848, la città meritò il titolo di “Primogenita” . A cavallo dell’800 e inizio del 900 Piacenza conobbe un periodo di speranza in un futuro migliore di progresso e lavoro, i vari edifici pubblici erano illuminati elettricamente e il 20 settembre 1908 il re Vittorio Emanuele II inaugurò il nuovo ponte sul Po, nell’occasione ci furono anche gare di ginnastica di livello nazionale con atleti giunti da ogni parte d’Italia. L’Italia entrò in guerra il 23 maggio del 1915 e Piacenza, che ospitava molte caserme militari, divenne un punto di riferimento importante grazie alla presenza di reparti di fanteria, artiglieria pesante, cavalleria e il reggimento pontieri al quale è stato dedicato il monumento posto a nord della città vicino al ponte sul Po. Mentre gli stabilimenti militari dell’Arsenale, il caricamento proiettili e la direzione artiglieria preparavano munizioni senza sosta, l’ospedale militare, a pieno regime, era in grado di assistere feriti e malati. Alla stazione ferroviaria venne allestito un posto di assistenza per soldati di passaggio, in città aprì la “casa del soldato” attrezzata di tutto punto per far fronte alle varie esigenze operative. Dopo tre lunghi anni, il 3 novemvre1918, i rintocchi del campanone del gotico annunciava la fine della guerra, nel dopoguerra ci fu una ricostruzione lenta e laboriosa, però Piacenza si mostrò piena di iniziative, aprirono i primi bottonifici, officine meccaniche vetrerie, inoltre molti piacentini lavoravano negli stabilimenti militari.
Vennero gli anni venti e significarono, per le genti, malcontento e problemi di varia natura, di questo seppe approfittare un romagnolo di nome Benito Mussolini, che da socialista fondò il Partito Fascista, con lui videro la luce le “squadre d’azione” che, a parer suo, dovevano riportare ordine e sicurezza. A Piacenza molti indossarono la camicia nera e cosi nacque il Fascio Piacentino con a capo Bernardo Barbiellini Amidei ex capitano e di nobile famiglia. Dopo aver fondato “la scure”, l’unico giornale di Piacenza, divenne il Podestà della città. I fascisti presero il comando occupando anche la questura e a quel punto si insediarono anche le “squadre operative”, vennero vietati gli scioperi, soppressa la libertà di stampa e sciolti i partiti, il giornale Libertà fu assorbito dalla Scure di Barbiellini Amidei. Negli anni seguenti venne inaugurata la galleria d’arte moderna Ricci Oddi, fu progettato e costruita la “casa del balilla” nell’attuale sede del liceo scientifico Respighi. Con l’inizio della seconda guerra mondiale, nel settembre del 1939, l’Italia non era interessata a seguire i tedeschi, ma l’anno successivo si schierò con la Germania ed anche Piacenza rimase coinvolta da morti e distruzioni, nel 1943 il Re fece arrestare Mussolini ed affidò il governo al Generale Badoglio il quale firmò l’armistizio con gli inglesi. Mussolini riparato a Salò fondò la Repubblica Sociale, Piacenza venne occupata da reparti tedeschi questi lasciarono il posto a reparti di fanteria con aggregati dissidenti russi e cecoslovacchi. La felice posizione strategica di Piacenza fu un obbiettivo principale per i bombardamenti degli alleati, nel frattempo sulle nostre montagne, si aggregavano i gruppi armati dei partigiani “Gap”, molti giovani presero la strada delle montagne e fu creato il C.L.N. “comitato liberazione nazionale” il suo compito era di scacciare i nazifascismi e istaurare collegamenti con le truppe alleate anglo americane, il corpo dei partigiani divenne in breve tempo di una consistenza notevole di oltre 10.000 unità ben armati, nel mese di aprile i partigiani cominciarono a scendere verso Piacenza accerchiando la città, molti furono i combattimenti con la morte di tanti giovani, i tedeschi con i fascisti cessarono di resistere e iniziarono la ritirata verso nord, il 25 aprile le brigate partigiane entrarono in Piacenza accolte dalla popolazione in festa. Ancora una volta Piacenza era malconcia.. molti per necessità e per creare un futuro migliore emigrarono, la ricostruzione durò parecchi anni, fatta da genti laboriosa, capace e intraprendente che ci hanno consegnato una città bella ricca e intrigante, la “Primogenita d’Italia”.
palazzo farnese e la magia del tricolore