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i Mestieri di un Tempo

“i Mistèr d'una Vòta”
A volte fa piacere ricordare a se stessi ed agli altri, specie ai giovani della nuova generazione, quanti mestieri sono scomparsi o sono diventati una rarità. Saranno di certo i giovani i più curiosi di apprendere l’esistenza, ormai svanita, di tanti mestieri diversi, alcuni molto strani o addirittura incredibili! Di alcuni di essi ne hanno avuto conoscenza dai racconti dei loro progenitori o dai media ma ce ne sono altri sicuramente a loro sconosciuti. E' difficile se non impossibile, catalogare tutti i mestieri cosiddetti umili che i nostri antenati svolgevano per sbarcare il lunario. Anche perchè ai giorni nostri queste attività sono quasi completamente scomparse ed inoltre molte di queste professioni venivano reinventate quotidianamente e con molta fantasia dai nostri Nonni.. si dice che la “fame aguzza l'ingegno” e i nostri Nonni avevano sia una che l'altra. In questa pagina ci limiteremo a descrivere quei mestieri che ai ragazzi risulteranno per lo più sconosciuti o che magari avranno avuto modo di vedere qualche volta come dimostrazione nelle sagre paesane e che mai avrebbero creduto che queste mansioni venivano svolte giornalmente per campare. Questi vecchi mestieri venivano svolti all'aria aperta, girando per i paesi o per i rioni cittadini magari trainando sgangherati carretti, oppure esibendo la povera mercanzia su banchetti di fortuna messi strategicamente nei punti più frequentati della città.



le arti e i mestieri

La Buslanera, (la ciambellaia).
Si vedeva spesso nei mercati o nelle feste di paese, con al collo e sulle braccia le lunghe file di ciambelline infilate con uno spago come collane. I dolci potevano essere classici con burro e zucchero molto friabili, oppure gli inimitabili stanca denti (stracadeint) molto duri fatti apposta per durare a lungo, che per essere degustati dovevano essere ammorbiditi in bocca oppure inzuppati (puccià) nel vino. Oggi queste bontà si possono trovare a Piacenza durante la festa di San Giuseppe, vendute sul sagrato della chiesa di Santa Maria di Campagna.

Al Molòta, (l'arrotino).
Questo artigiano, affilatore di lame, annunciava il suo arrivo alle massaie, con rumorosi richiami. Poi si metteva al lavoro, sulla sua bicicletta aveva installato una mola collegata alla catena ed a forza di pedalate faceva girare il disco sul quale affilava gli utensili da taglio.

Strasèi, (lo straccino o robivecchi).
Il suo richiamo faceva più o meno così "ferro-carta-stracci-olee !!".Girava con un carretto sul quale deponeva, in contenitori separati, i vari elementi che raccoglieva. Li pesava in maniera superficiale, con una bilancia sui quali piatti disponeva da una parte la mercanzia e dall'altra dei pesi di ghisa ed in base ad un prezzo concordato (un tant al chilù) pagava il venditore. Quando il carro era colmo di merce, se ne tornava verso il suo deposito, che molto spesso era la casa stessa. I materiali raccolti venivano a loro volta venduti ad artigiani o ad officine che li riutilizzavano e riciclavano, insomma una sorta di primitiva ma molto utile raccolta differenziata.

Al Patunèr, (venditore di castagnaccio).
Il venditore di castagnaccio (la patòna), di solito viaggiava su un triciclo a pedali con un cassone foderato di lamiera e chiuso con un coperchio scorrevole, perchè così il prodotto rimaneva tiepido a lungo. Questo commerciante nella stagione fredda, vendeva anche i "Bastùrnon" (castagne abbrustolite sulle braci) e i "Balitt" (gli stessi frutti bolliti nell'acqua). In estate invece proponeva la vendita di bevande fredde e di granite. Approfittando del suo carretto coibentato, lo riempiva di giaccio (anche questo in vendita) che grattuggiava direttamente nel palmo di una mano degli acquirenti meno abbienti oppure in cartocci e che condiva con sciroppi al limone, arancio o menta che lui stesso preparava.

I Brumisti e Carrater, (i vetturini e carrettieri).
I vetturini erano gli antenati dei moderni taxisti, infatti con le loro belle carrozze portavano in giro le persone. I cavalli erano sempre lucidi e strigliati ed i loro paramenti venivano cambiati in occasioni di particolari occasioni che potevano essere: feste di paese, matrimoni o funerali. I carrettieri invece trasportavano materiali di ogni genere . I loro possenti equini tiravano pesi immani e non venivano nemmeno sfiorati dal nerbo del padrone, ma modificavano la loro andatura a secondo dello schioccare modulato della frusta che il carrettiere agitava nell'aria. Erano animali tanto forti quanto docili e intelligenti, infatti si ha notizia di alcuni cavalli che ritornavano da soli alla stalla, quando i loro conduttori, si addormentavano nella "Barra" (cassone) stravolti dalla fatica oppure intontiti dagli effetti del vino bevuto con gli amici in quantità "industriali".

l'Umbralàr, (l'ombrellaio).
Erano artigiani ambulanti che accomodavano gli ombrelli rotti e svolgevano il loro lavoro sui sagrati delle chiese, nelle fiere o nei mercati.

Stringaru, (venditore di stringhe).
Era un ambulante, che invece di usare carretti o scatole per adagiare ed esporre la propria mercanzia, usava il suo corpo, si appendeva addosso i legacci per le scarpe, che una volta avevano le estremità metalliche, creando uno strano effetto ottico e sonoro quando lo stringarù si muoveva.

Bughandèri, (bucataie o lavandaie).
Il loro lavoro veniva svolto sia in Estate che in Inverno, all'aria aperta. L'acqua usata per lavare, veniva portata in ebollizzione dentro a grandi contenitori di ferro (i fugòn), sotto al quale veniva acceso un fuoco che ardeva per molte ore. Dentro a questo bollitore veniva messa a sciogliere della cenere e un pò di polvere di lisciva e poi i panni sporchi, che venivano continuamente rigirati con bastoni di legno (La canela). Queste lavanderie a cielo aperto, venivano allestite in prossimità di pozzi o corsi d'acqua, perchè gli indumenti così trattati andavano abbondantemente sciacquati. A Piacenza sorgeva una grande buganderia a ridosso di Torrione Borghetto, sul canale Fodesta ed era gestita dalla famosa Guglielma. Tra le due guerre, questa donna serviva alcune delle numerose caserme della città e quando stendeva il bucato ad asciugare, occupava un lunghissimo tratto delle mura.

Scranàr, (l'impagliatore di sedie).
Lo Scranàr era un artigiano al quale le donne portavano le sedie sfondate e che lui aggiustava al momento intrecciando spaghi e lische di saggina.

Al magnan, (lo stagnino).
Questo operaio, era sempre sporco di nero, perchè accomodava le pentole bucate con l'ausilio di antichi attrezzi e stagno che saldava sui recipienti. In dialetto si usa dire di una persona sporca "al'e negar c'me un magnan".

Mòtaro, (fabbricatore di Mattoni d’Argilla).
Impastavano l'argilla, che si estraeva lungo il Po, con le mani o con l'aiuto di piccole zappe. Poi versavano l'impasto ottenuto negli stampi di legno e veniva lasciato ad essiccare all'aria. Una volta induriti, i mattoni venivano tolti dagli stampi e cotti in grandi forni (Fòrnàsi). Al Cavatur ad Gerra, (cavatore di sabbia e ghiaia dal Po), questo massacrante lavoro svolto con la forza delle braccia e con l'aiuto di badili era assai in voga tra la povera gente ed è sicuramente uno dei più antichi e più umili.

Al Zavattèin, (il ciabattino).
Si tratta di un mestiere antico come le origini del genere umano, purtroppo oggi va scomparendo per mancanza di giovani che vogliono avvicinarsi a questa attività.

Al Materasser, (rinnovava i materassi di lana).
Una volta era richiesto solo dalle persone ricche, lo chiamavano al bisogno nel proprio palazzo o casa signorile. Le persone povere si confezionavano da soli i materassi utilizzando le foglie delle pannocchie di granoturco.Verso gli anni ’50 iniziò anche ad essere richiesto nelle case più umili. Per il suo lavoro utilizzava aghi, attrezzi per cardare, spago, lana e stoffa; quest'ultima veniva procurata dal cliente.

Al Mulnàr, (il mugnaio).
Spesso il mugnaio abitava nello stesso edificio che ospitava il mulino, che in tal caso era di dimensioni più consistenti. Il macchinario non era ingombrante e molto dello spazio era destinato al deposito dei sacchi delle granaglie e della farina macinata.

Strillon, (lo strillone).
Girava per la strada e a gran voce e segnalava i titoli più eclatanti dei giornali in vendita.

La rimagliatrice di calze di seta,
Si trattava quasi sempre di una ragazza dagli occhi buoni, che con un ago speciale e del filo a colore, riprendeva le varie smagliature delle calze da donna. Oggi le calze o i più moderni e comodi collant, appena evidenziano anche una piccola smagliatura, vengono inesorabilmente cestinati.

Spazzadòr, (lo spazzino o spazzon).
Non quello che oggi noi identifichiamo nell’operatore ecologico che spazza le strade, ma quell’ometto che, sacco in spalla, passava casa per casa a svuotare le pattumiere.

Carbònein, (il carbonaio),
Inteso come quel commerciante del carbone di legna indispensabile per le cucine di una volta

Sòrbattèr, (il gelataio).
Girava per le strade e le piazze con un carrettino di legno, montato su un triciclo, decorato a vivaci colori, alcuni avevano anche una simpatica tendina parasole che riparava dai raggi diretti i contenitori di gelato, chiusi con grossi coperchi a cupola cromati e sempre lucidi. Ironico e opportunista era il suo grido di battaglia: " Ragazzo, piangi, piangi, che la mamma ti compera il gelato".

Al Sagristàn, (il sagrestano).
Le attività del sagrestano erano molteplici ma la più importante era quella del suono delle campane, un tempo l’orologio più importante era quello posto sul campanile e tutti vi facevano riferimento anche durante il lavoro dei campi. Il sagrestano provvedeva a ricaricare il pendolo salendo fin quasi alla sommità del campanile.

Al Maiulcar, (venditore di stoviglie).
Si trattava di un venditore di stoviglie e di oggetti in rame per la casa, girava con un carrettino per le vie a proporre la sua mercanzia.

Al Basulon, (venditore di generi alimentari).
Vendeva generi alimentari di vario tipo, solitamente girava con un carrettino a proporre la sua merce.

Ricordiamo alcuni mestieri che erano in uso nelle cascine, alcuni di questi sono tutt'oggi svolti. Queste figure erano alle dirette dipendenze del fattore ed ospitate con le loro numerose famiglie nei locali dell'azienda stessa.

Al fattòr, (il fattore).
Si trattava di una persona che godeva della massima fiducia del padrone dell’azienda agricola, ovvero la persona che svolgeva le veci, questi era un vero e proprio organizzatore del lavoro e ne curava tutti gli aspetti.

Al Camper, (camparo-contadino).
Si trattava di un dipendente che era addetto alle mansioni nei campi ed era sotto la dipendenza del fattore.

Al Manzòlàr, (mandriano).
Si trattava di un dipendente che gestiva il bestiame nelle stalle, curava gli animali dalla mungitura delle vacche ai vitelli all'ingrasso.

Al Cavallànt, (cavallaro o cavallaio).
Si trattava di un dipendente che era addetto alla cura dei cavalli e ai vari carri, carretti e biròcc di vario genere.

Sono cosciente di non aver esaurito tutto il campo dei mestieri scomparsi o quasi. Certamente ce ne sono tanti altri che amplierebbero enormemente la casistica ma anche quelli fin qui accennati saranno nuovi a parecchi giovani, increduli all’esistenza di mestieri così singolari, usi come sono ad un consumismo che non conosce privazioni o limitazioni.