nel Segno di Bot
Spazio Campi, la prima realtà di Piacenza ideata e progettata con una specifica attenzione alla fotografia e alla documentazione del passato della città, ospita a partire da sabato 17 dicembre una mostra eccezionale:
“Nel segno di Bot. Opere, immagini e documenti”
Osvaldo Bot è stato il più estroso protagonista del Novecento nella città di Piacenza. Pittore, scultore, editore e polemista, ha costituito una vero e proprio ponte tra la nostra piccola realtà e le avanguardie che si sono sviluppate a livello nazionale. Il suo percorso si è concretizzato in una produzione foltissima non solo di opere, ma anche di riviste, libri, cartoline, fotografie e documenti. Per questo motivo un collezionista concittadino, Carlo Gazzola, ha voluto ricostruire la sua fisionomia con un libro che ne racconta la vita anno per anno: è nato così Bot - silvia editrice, 2011; con prefazioni di Luigi Sansone e Arturo Schwarz, un volume in grande formato di oltre cinquecento pagine, arricchito da 1.300 fotografie. La mostra di Spazio Campi è a sua volta frutto di questo lavoro e per questo il sottotitolo è “Opere, immagini e documenti”. I visitatori potranno ammirare non solo capolavori come il Paesaggio futurista (1931), sferopittura volata in Cina per la mostra “A+B+C/F=Futurismo” al NAMOC (National Art Museum of China) di Pechino, o il Cacciatore di leopardi (1938 circa), il Ritratto di Francesco Ghittoni (1928), che di Bot fu insegnante per un breve periodo al Gazzola, di modi futuristi, o ancora una Gitana degli anni Cinquanta, ma anche apprezzare i numeri della rivista fondata da Bot – “La Fionda” –, insieme a cartoline, libri e documenti. E ancora le fotografie dell'Archivio Croce, che riportano l'artista di fronte ai nostri occhi. Approdando, nell'ultima saletta, a un video documentario realizzato appositamente per l'evento: intervista dopo intervista Bot viene raccontato dalla viva voce di chi lo ha conosciuto. 142 pezzi, per la maggior parte inediti. Una mostra per comprendere, finalmente, chi fu Osvaldo Bot. A cura di Maurizio Cavalloni, Paolo Dallanoce, Mario Di Stefano, Carlo Gazzola. Testi di Gabriele Dadati.
Spazio Campi: via Garibaldi 63 Piacenza - spaziocampi.it
Spazio Campi: via Garibaldi 63 Piacenza - spaziocampi.it
copertina del libro Bot
E’ il 17 Luglio 1895 quando nasce a Piacenza Oswaldo Barbieri. Già da adolescente comincia a percepire un intimo impulso verso la creatività e l’invenzione che però esige la necessità di essere plasmato e definito.
“..La vivacità di Bot è esplosiva: l’artista si muove, sperimenta, prova, crea, distrugge e crea di nuovo, arrivando al punto da far storcere il naso al Marinetti che prima non risparmiava parole di stima nei suoi confronti. Il Futurismo di Bot infatti è personalissimo: se per i puristi e creatori del Futurismo il “passato”, inteso in senso generico, era da rifiutare a vantaggio del “futuro”, della novità e dell’innovazione, per Bot il concetto futurista stava nel modo di “fare arte”: Bot creava opere passatiste alternativamente ad opere futuriste, di questo lo accusava Marinetti; ma proprio in questo sconcertante abbinare gli opposti consisteva il Futurismo di Bot. Marinetti lo voleva futurista nei soggetti, Bot lo era nell’atto di crearli. La rottura tra i due è definitiva nel 1934. Ma la carriera da artista di Bot non ne viene frenata: chiamato da Italo Balbo, parte per la Libia. In Africa la sua ispirazione subisce un’ulteriore shock: l’atmosfera primitiva, semplice, a tratti selvaggia, lontanissima dall’Occidente lo rende una persona diversa, dotata di punti di vista, idee, immagini mentali del tutto nuove. Arriva al punto di crearsi un alter ego africano, tale Naham Ben Abiladi, con il quale nel 1935 dipingerà e parteciperà a mostre, nascondendo la sua vera identità e spacciandolo per un artista conosciuto nel continente nero..”
“..La vivacità di Bot è esplosiva: l’artista si muove, sperimenta, prova, crea, distrugge e crea di nuovo, arrivando al punto da far storcere il naso al Marinetti che prima non risparmiava parole di stima nei suoi confronti. Il Futurismo di Bot infatti è personalissimo: se per i puristi e creatori del Futurismo il “passato”, inteso in senso generico, era da rifiutare a vantaggio del “futuro”, della novità e dell’innovazione, per Bot il concetto futurista stava nel modo di “fare arte”: Bot creava opere passatiste alternativamente ad opere futuriste, di questo lo accusava Marinetti; ma proprio in questo sconcertante abbinare gli opposti consisteva il Futurismo di Bot. Marinetti lo voleva futurista nei soggetti, Bot lo era nell’atto di crearli. La rottura tra i due è definitiva nel 1934. Ma la carriera da artista di Bot non ne viene frenata: chiamato da Italo Balbo, parte per la Libia. In Africa la sua ispirazione subisce un’ulteriore shock: l’atmosfera primitiva, semplice, a tratti selvaggia, lontanissima dall’Occidente lo rende una persona diversa, dotata di punti di vista, idee, immagini mentali del tutto nuove. Arriva al punto di crearsi un alter ego africano, tale Naham Ben Abiladi, con il quale nel 1935 dipingerà e parteciperà a mostre, nascondendo la sua vera identità e spacciandolo per un artista conosciuto nel continente nero..”
piazza cavalli. china acquerellata 1941
pubblico presente alla mostra