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Rosmunda Benedetta Pisaroni

“cantante – Regina dei contralti”

Rosmunda Benedetta Pisaroni, nome d'arte di Benedetta Pisaroni, (Piacenza 16 maggio 1793 – Piacenza 6 agosto 1872). E’ stata la “Regina dei contralti”, prediletta da Rossini, regnò sulle scene liriche italiane e straniere e fu celebre per le sue interpretazioni rossiniane. Possiamo ricordare che la carriera della Pisaroni può essere divisa in due distinte epoche, la prima dove cantò come soprano e la seconda, molto più fortunata, dove si distinse come contralto. A differenza delle altre cantanti contemporanee non alternò ruoli di soprano con ruoli di contralto, il suo fu un caso di evoluzione vocale. Da bambina cantava nel coro delle Benedettine di San Raimondo e vista la predisposizione suo padre, Giambattista Pisaroni, fu il primo ad incitarla e a credere nel suo talento, la fece studiare dapprima con Vincenzo Colla e quindi con Giacomo Carcani. Compiuti i 12 anni il padre la portò a Milano, dove studiò con i più famosi “castrati” che, ritiratisi dalle scene, si dedicavano ora all'insegnamento, come Moschini, Pacchierotti, Velluti e Marchesi. Completata la sua formazione, debuttò nel 1811 a soli 18 anni a Bergamo in La rosa bianca e la rosa rossa di Mayr: si dice che, presa del panico, si rifiutò di salire sul palcoscenico e suo padre dovette minacciarla di suicidarsi. L’anno seguente cantò a Verona e nella successiva stagione 1812-13 nel teatro comunale di Piacenza, sua città natale, dove fu protagonista con notevole successo, di due opere del maestro piacentino Giuseppe Nicolini; Traiano in Dacia e il Vitikindo. Nell’ottobre del 1813 si trovava a Busseto a cantare la Prosperina e scampò all’incendio che distrusse il teatro vecchio. Sempre nel 1813, nella stagione autunnale, debuttò nel teatro della Pergola di Firenze nell'Alzira di Manfroce e nel Teatro Nuovo di Padova nell'Aureliano in Palmira di Gioachino Rossini, opera che replicò a Brescia. Nel 1814 cantò Tancredi a Genova, nel ruolo di Amenaide (soprano), opera nella quale si cimentò di nuovo nel 1816, a Parma (Teatro Ducale) e Vicenza (Teatro Eretenio), questa volta nel ruolo del protagonista (contralto). La malattia, il vaiolo, la ridusse quasi alla cecità e le sfigurò il viso. Nel 1817 ritornò in scena a Padova, dove Giacomo Meyerbeer scrisse per lei Romilda e Costanza. Negli anni tra il 1818 e 1820 fu legata da un contratto al teatro San Carlo di Napoli, dove Rossini compose per lei tre grandi ruoli di contralto nel dicembre 1818 fu la prima Zomira nel Ricciardo e Zoraide, nel marzo 1819 fu la prima interprete di Andromaca nell'Ermione e nel settembre 1819 debuttò nel ruolo di Malcolm ne La donna del lago. Nel 1827 fece il suo debutto internazionale nel Théâtre Italien di Parigi. Rossini la volle assolutamente per riuscire nell'intento di portare al successo la sua Semiramide, che in passato, nella prima di Venezia, aveva ricevuto una cattiva accoglienza. Si racconta che la Pisaroni attaccò la cavatina di Arsace, «Eccomi alfine in Babilonia», dando le spalle al pubblico perché non potesse vedere il suo volto sfigurato dal vaiolo, ma il suo canto e la potenza della sua voce riscossero comunque un successo strepitoso. Nel febbraio del 1833 con un concerto tenuto a Piacenza cantò per l’ultima volta in pubblico, e sempre a Piacenza, in occasione di una manifestazione patriottica, morì a 79 anni, destinando gran parte della sua eredità ai poveri della sua città. In circa 20 anni di carriera, 16 dei quali come contralto, la Pisaroni divenne una delle massime interpreti del repertorio rossiniano. Erede diretta della scuola dei castrati, aveva un “registro” amplissimo, andava dalle note più gravi del contralto a quelle più acute del soprano. Il suo dominio della tecnica era assoluto e, se pure mostrava disomogeneità dovute al suo registro amplissimo, questo difetto era meno grave che in altre colleghe. Il critico R. Celletti disse di lei;“Fu uno straordinario contralto dell'era rossiniana, il suo registro si estendeva dal Fa grave alle note più acute del registro di soprano, modulava, sfumava e trillava con entusiasmante virtuosismo, il suo registro medio e grave era di caratteristiche estremamente oscure e quasi virili”. Sempre, se poteva, preferiva entrare in scena mascherata o di spalle perché il pubblico non la vedesse in viso, ma ascoltasse unicamente la sua favolosa voce: soltanto dopo che ne aveva ottenuto i favori, si faceva coraggio a mostrare il volto.