penna

“Pippo” nelle notti piacentine

le operazioni alleate “Night Intruder”, dalle origini agli sviluppi sul fronte italiano


squadron 404 Sqn RCAF Beaufighters

Le operazioni “night intruder”, traducibile nella nostra lingua come “intruso o intrusione notturna”, videro la loro prima applicazione durante la battaglia d’Inghilterra. I bombardieri della Luftwaffe che nella notte colpivano le città Britanniche furono seguiti da caccia notturni della R.A.F. lungo la rotta di rientro verso gli aeroporti di decollo. Gli aerei della Royal Air Force, in prossimità dei campi di aviazione tedeschi, colpirono i bombardieri in atterraggio e mitragliarono le infrastrutture nel tentativo di ridurre le capacità operative avversarie. In un breve intervallo questa tattica fu adottata anche dalla Luftwaffe; operando con le stesse modalità Britanniche gli intercettori notturni tedeschi si infiltrarono tra i reparti della R.A.F. raggiungendo anche i loro aeroporti. Dopo la fase del conflitto che coinvolse i cieli della Manica ed Inglesi le tattiche “night intruder” tornarono ad essere applicate durante le battaglie che infuriarono in nord Africa. Nel teatro bellico africano gli obiettivi si ampliarono; gradualmente, ma rapidamente, ed oggetto delle operazioni notturne diventarono anche truppe avversarie, depositi di ogni genere, artiglierie, infrastrutture e retrovie del fronte in generale con bersagli sia pianificati che casuali. Per questo genere di attività furono impiegati bombardieri leggeri e cacciabombardieri. Il “night intruder” da operazione di contrasto di forze aeree si trasformò in azioni di attacco al suolo. In africa settentrionale la tecnica fu utilizzata da tutte le parti in causa ma la fase finale delle operazioni la vide applicata con maggiore frequenza dagli alleati ed in particolare dagli Statunitensi. Con la fine delle operazioni sul territorio africano ed il completo ritiro delle truppe dell’asse la componente aerea alleata iniziò a pianificare ed attuare azioni rivolte verso il territorio Italiano. Dopo lo sbarco in Sicilia ed il successivo progredire delle operazioni militari nella penisola Italiana le operazioni “night intruder” tornarono alla ribalta. Nella notte tra il 16 e 17 Luglio 1943 nell’area riferibile a Catania, Paternò e Riposto aerei alleati attaccarono la ferrovia e colpirono bersagli di opportunità; fu probabilmente la prima azione “night intruder” in Italia. In rapida successione nelle ore notturne tra il 19 ed il 20 Luglio 1943 bombardieri medi e leggeri bombardarono i campi di aviazione di Aquino, Capodichino, Randazzo, Orlando, Nicosia raggiungendo anche svariati obiettivi casuali. Con le stesse modalità, nella notte tra il 12 e 13 Settembre 1943, furono attaccati aeroporti nell’area di Roma mentre, nello stesso anno, l’arrivo della sera tra 27 e 28 Novembre vide una azione di attacco al suolo alleata di grande entità nella zona di Lanciano, Fossacesia, Castelfrentano e Casoli. I bombardieri si dedicarono a postazioni di artiglieria, strade, ferrovie, veicoli ed ogni genere di possibile obiettivo di opportunità. Durante la fase della campagna d’Italia che si svolse nel sud e centro della nostra Nazione anche i tedeschi impiegarono svariati reparti di caccia bombardieri per l’attacco al suolo notturno e colpirono generalmente la linea del fronte alleato e le immediate retrovie. Durante il 1943, e per una parte del 1944, le forze aeree alleate impiegarono le operazioni di attacco al suolo notturne esclusivamente in modo tattico. Ma partire dai primi giorni del mese di Luglio 1944 furono pianificate in una strategia organizzata. Lo sbarco in Normandia, il 6 Giugno 1944, aprì di fatto il fronte di guerra occidentale destinato a puntare direttamente al cuore della Germania. In pratica le operazioni in Italia, rispetto a quelle in territorio Francese, diventarono secondarie e questo portò ad una inevitabile riduzione delle risorse di ogni genere a disposizione delle armate alleate operative nella penisola. Allo stato maggiore alleato in Italia fu anche evidente che la loro offensiva verso nord tendeva a perdere lo slancio iniziale e che le forze germaniche si sarebbero arroccate lungo l’Appennino tosco-emiliano a protezione dell’Italia settentrionale da loro occupata. Agli eserciti alleati in Italia rimase sicuramente favorevole la forza della componente aeronautica che aveva già ampiamente contribuito allo sforzo delle truppe a terra. La analisi dei risultati delle operazioni di bombardamento, in particolare quelle tattiche e di attacco al suolo, rese evidente che la loro efficacia era ridotta dalle contromisure prese dallo stato maggiore tedesco. Colonne e convogli militari germanici furono composti da non più di 15 o 20 veicoli ed iniziarono a muoversi di notte; gli itinerari scelti interessarono strade e ferrovie considerate secondarie mentre, sempre con il favore del buio, si attuarono le riparazioni alle infrastrutture stradali e ferroviarie duramente colpite dagli attacchi aerei angloamericani. Fu probabilmente la visione di un quadro di insieme di questo genere che indusse i vertici militari alleati ad intensificare le azioni di bombardamento sull’Italia settentrionale aumentando il numero sia delle azioni diurne che delle missioni notturne “night intruder”. Lo scopo fu quello di mantenere elevata la pressione contro l’avversario, riducendo le sue capacità di trasporto, logistica e risorse in generale; si sperò così di indebolire il più possibile lo schieramento tedesco anche in vista dell’offensiva finale alleata. I bersagli per le azioni “night intruder” furono chiaramente individuati; oltre agli eventuali obiettivi indicati e definiti dovevano essere colpiti trasporti di ogni genere, veicoli, treni e ferrovie, infrastrutture, luci sparse e qualsiasi obiettivo di opportunità. Con queste premesse fu evidente che la possibilità di coinvolgere civili o forze amiche, in particolare missioni O.S..S. e S.O.E. e forze della resistenza, fossero praticamente certe. Fondamentalmente non si trattò di azioni di attacco progettate con fini di “guerra psicologica” per tentare di accrescere il già esistente malcontento della popolazione dell’Italia settentrionale verso i vertici della Repubblica Sociale Italiana ed i tedeschi. Dal punto di vista dei comandi alleati la certezza degli effetti collaterali, anche se forse ne fu sottovalutata l’entità, ebbe un valore inferiore rispetto ai presumibili grandi vantaggi che si riteneva fosse possibile ottenere. Le operazioni “nignt intruder” si moltiplicarono con il progredire del conflitto fino a quando a partire dai primi giorni del mese di Luglio 1944 alla notte del 30 Aprile 1945 lo spazio aereo dell’Italia settentrionale divenne lo sfondo di almeno 150 missioni notturne di attacco al suolo. Solo per un breve arco di tempo, dal 21 Agosto 1944 al 26 Agosto 1944, per esigenze tattiche il baricentro si spostò leggermente verso il territorio francese con puntate degli aerei attaccanti nell’area di Nizza e della valle del Rhone; in questo periodo la parte centrale e centro-settentrionale della Val Padana fu comunque interessata dalle operazioni. In questo scenario nacque anche la leggenda di “pippo”; l’aereo alleato isolato, si presumeva fosse in volo solitario, che sorvolò nelle notti di guerra la pianura padana ed attaccò luci e movimenti di qualsiasi genere. Non fu mai accertato chi o che cosa ne determinò il nomignolo così come non fu possibile sapere se furono gli organi della R.S.I. a spargere la voce che si trattava di un velivolo solitario, magari nel tentativo di mascherare la ennesima rappresentazione della forza aerea alleata. Rimane vivo, dopo decenni dalla fine del conflitto, il tragico ricordo di notti accompagnate da ansia e paura tramandato verbalmente da una generazione all’altra.

aereo De Havilland DH-98 Mosquito ExCC

missioni “Night Intruder” – i reparti impiegati

La Royal Air Force destinò diversi Squadron alle operazioni “night intruder” che operarono in modo sia indipendente che simultaneo con le forze aeree Statunitensi. Il 13° Squadron arrivò in Italia nel Febbraio 1944 equipaggiato con bimotori “Baltimore” Mk IV e Mk V e progressivamente fu convertito alle missioni notturne; ad Ottobre 1944 i “Baltimore” furono sostituiti dai “Boston” Mk IV e Mk V che erano le denominazioni con le quali la R.A.F. identificava le versioni del bombardiere leggero prodotto dalla Statunitense Douglas e più noto come A 20 “Havoc”. Con questi ultimi aerei, anche essi bimotori, il 13° Squadron proseguì la propria attività nella penisola fino al termine del conflitto. Il mese di Agosto 1944 vide l’inizio delle operazioni in Italia del 15° Squadron, costituito da personale di nazionalità sud africana; con i dotazione “Baltimore” Mk IIIA, Mk IV e Mk V a partire da Febbraio 1945 al termine delle ostilità questo reparto fu impiegato in azioni “night intruder”. Oltre al 13° e 15° Squadron, che furono unità da bombardamento, la Royal air Force schierò in Italia fino a Maggio 1944 il 23° Squadron. Questo ultimo reparto, specializzato in operazioni di caccia notturna, ed equipaggiato con gli agili bimotori “Mosquito” NF Mk II proseguì la propria attività originale di “night intruder” e puntò fondamentalmente alla distruzione dei caccia e bombardieri notturni della Luftwaffe ma non è da escludere un possibile e sporadico impiego in operazioni notturne di attacco al suolo. Sempre da parte Britannica fu poi presente in Italia, da Agosto 1943 alla fine della guerra, il 114° Squadron con in dotazione “Boston” Mk IV e Mk V; probabilmente oltre alle consuete azioni diurne furono possibili interventi di questo reparto in operazioni notturne. Le unità Britanniche furono affiancate da quelle statunitensi. Lo U.S.A.A.C. rese disponibile per le operazioni “night intruder” un intero Bomber Group. Il 47° Gruppo Bombardieri giunse in Italia ad Agosto 1943 e fu schierato a Torrente Comunelli in Sicilia. Seguì l’avanzata delle truppe alleate e spostò svariate volte la propria base operativa e quando la guerra volse alla conclusione, nel 1945, si trovò in un campo di aviazione nei pressi Pisa. In precedenza il 47° gruppo fu attivo in nord africa e trascorse un periodo a Malta prima del trasferimento in territorio italiano. Inserito nella 12^ Air Force fu articolato con un organico di 4 Squadron ed in particolare gli Squadron numero 84, 85, 86 e 97 con una disponibilità complessiva di un centinaio di velivoli. Il 47° Bomber Group ebbe in dotazione un genere di “macchina” che abbiamo già incontrato con le insegne britanniche e che fu un vero protagonista delle missioni “night intruder”: il bombardiere A 20 “Havoc” che operò con i reparti del 47° BG nelle versioni B, G, J e K. Verso la fine del conflitto iniziò la sostituzione degli “Havoc” con gli A 26 “Invader”, anche questi velivoli bimotore con un equipaggio di 3 persone, e negli ultimi mesi di guerra A 20 ed A 26 furono simultaneamente presenti nell’organico degli Squadron del 47°BG Impiegando equipaggi di 3 o 4 persone, secondo le necessità della versione dell’ “Havoc”, il gruppo nel corso della sua presenza in Italia ebbe una intensa attività operativa diurna e notturna. In particolare le versioni generalmente destinate alle azioni notturne impiegarono la figura del “quarto uomo” con la funzione di puntatore e navigatore. L’espressione più elevata delle possibilità operative di questa unità si manifestò dal 21 al 24 Aprile 1945 quando gli Squadron che la componevano riuscirono a tenere in volo con continuazione, giorno e notte, per 60 ore consecutive sempre un certo numero di bombardieri. Questo forte impegno fruttò al 47° BG la seconda Distinguished Unit Citation; una precedente D.U.C. gli fu assegnata nel 1943 in relazione ai combattimenti in africa settentrionale. Le perdite del 47° BG, durante la permanenza nella nostra nazione, in base agli M.A.C.R. attualmente declassifficati furono pari a 39 velivoli. Per rendere più incisive le missioni “night intruder” i vertici militari Statunitensi decisero di affiancare ai bombardieri i caccia notturni che ricevettero disposizioni per attaccare con le armi di bordo, quando possibile, bersagli al suolo; in Italia operarono almeno quattro NFS, Night Fighter Squadron, ed in dettaglio si trattò degli Squadron 414, 415, 416, 427. Il primo reparto che posò i carrelli in territorio italiano fu il 416° NFS Squadron che giunse a Catania, proveniente dall’Africa del nord, durante il mese di Settembre 1943 e successivamente si spostò in diversi aeroporti lungo al penisola. Equipaggiato con velivoli di produzione britannica, Beaufighter fino al 1944 e poi Mosquito, nel Marzo del 1945 lo Squadron ebbe la propria base a Pontedera quando nello stesso mese fu improvvisamente trasferito in Austria dove concluse la guerra. A Novembre del 1943 arrivarono in Italia dall’Africa settentrionale gli Squadron NFS 414° e 415° e furono rispettivamente schierati ad Elmas e Cassibile. Anche questi reparti ebbero in dotazione i Beaufighter e seguendo l’evoluzione delle operazioni si spostarono in svariati campi di aviazione; mentre lo Squadron 414 concluse la guerra dislocato a Pontedera il 415° NFS ebbe un ultimo distaccamento posizionato a Piombino ed infine, ad Agosto 1944, tutti i velivoli del reparto completarono il trasferimento in Francia. Durante la permanenza in Italia il 414° NFS a partire dagli ultimi mesi del 1944 iniziò la sostituzione dei Beaufifhter con i nuovi velivoli di produzione Statunitense P 61 “Black Widow”; a Gennaio 1945 la transizione dell’intero reparto ai bimotori a doppio trave di coda P 61, si trattava della versione B con due persone come equipaggio, fu completata. Mentre 6 velivoli, ed i relativi equipaggi, furono spostati in Belgio le tattiche di combattimento del resto del reparto rimasto in Italia mutarono. Il P 61 B disponeva di punti di attacco alari per il trasporto di serbatoi ausiliari o bombe. Il 414° Squadron li impiegò per le bombe ed iniziò ad attuare attacchi al suolo notturni oltre che con le armi di bordo anche mediante azioni di bombardamento; il progressivo regresso della presenza degli aerei della Luftwaffe, in particolare di notte, ed il diminuito impegno nella caccia notturna portarono a decisioni che trasformarono di fatto il 414° NFS in uno Squadron di caccia bombardieri notturni. L’ultimo Squadron NFS ad arrivare nella nostra nazione fu il numero 427. Giunse direttamente dagli Stati Uniti ad Agosto 1944 e fu schierato all’aeroporto di Pomigliano. Formato da velivoli P 70, la versione per caccia notturna dello A 20 “Havoc”, il mese successivo allo spiegamento, Settembre 1944, fu trasferito in India. Bombardieri e caccia notturni Statunitensi appoggiati dalle unità Britanniche e del Commonwealth svilupparono progressivamente una offensiva aerea notturna che con il trascorrere del tempo si concentrò in una area geografica limitata, le regioni dell’Italia settentrionale. L’intensità delle operazioni “night intruder” fu notevole; tra gli obbiettivi definiti parecchie missioni colpirono ripetutamente gli aeroporti di Ghedi, Villafranca di Verona, Bergamo ed il porto di La Spezia. Particolare attenzione fu dedicata a stazioni ed infrastrutture ferroviarie ed ai convogli in movimento così come furono attaccati con continuità i ponti di qualsiasi genere e tutti i possibili potenziali bersagli di opportunità con una ripetitività e continuità impressionante.


aereo 786px-Northrop P-61 green airborne

considerazioni

Dal punto di vista militare le operazioni “night intruder” risposero all’esigenza di incalzare un avversario, le forze armate tedesche in Italia, che dimostrarono di possedere la capacità di assorbire almeno una parte dei pesanti danneggiamenti provocati dai bombardamenti alleati così come riuscirono ad adattarsi a reggere l’urto di forti offensive aeree. Gli attacchi al suolo notturni contribuirono sicuramente a mantenere elevata la pressione ed a privare il nemico di risorse, infrastrutture e capacità di movimento. Il coinvolgimento dei civili fu però molto più profondo e tragico di quanto fu possibile immaginare quando si pianificarono le azioni “night intruder”. Il 20 Agosto 1944 la cittadinanza di Vesimo, un piccolo paese sull’Appennino piacentino, si radunò per una semplice festa ed accesero alcune lanterne; probabilmente le luci furono sufficienti a trasformare un momento di svago in un bersaglio che fu avvistato ed attaccato. Persero la vita 32 persone ed altre 15 rimasero ferite; successivamente, con un apposito rapporto, le forze aeree Statunitensi si assunsero la piena responsabilità dell’episodio. L’accaduto di Vesimo, per il numero di civili coinvolti, costituisce un evento particolare; ma in tutta l’Italia settentrionale si registrarono innumerevoli situazioni simili anche se con un numero di vittime minore. Singoli individui o gruppi di persone a piedi o in bicicletta mentre si spostavano nelle campagne furono vittime di mitragliamenti mentre la semplice accensione, per estrema necessità, di luci fu una condizione che provocò improvvisi bombardamenti così come ebbero conseguenze anche carri agricoli trainati da buoi o cavalli sorpresi in strada dal tramonto. Le missioni “night intruder” portarono la guerra aerea ovunque; luoghi o località sicure, perché lontane dagli obiettivi importanti per i bombardieri diurni alleati, cessarono di esistere. Per i civili fu un altro tragico e pesante fardello che si aggiungeva a tutte le altre sofferenze provocate dal conflitto. Quanto scritto, per la vastità e la diversificazione dell’argomento, non vuole certo essere la ricerca conclusiva relativa alle operazioni alleate “night intruder”. Piuttosto si desidera mettere a disposizione un punto di partenza che possa permettere anche ad altri di approfondire le tematiche legate alla guerra aerea durante la campagna d’Italia che possiede ancora molti aspetti poco noti o sconosciuti.


aereo Douglas A-26 Invader

“Pippo” nelle notti piacentine

Sfogliando i rapporti quotidiani delle operazioni lasciati negli archivi dalle forze aeree alleate si apprende che vi furono delle missioni dedicate all’area di Piacenza. Cronologicamente la prima risale alla notte del 26-27 Luglio 1944: gli obiettivi sono veicoli e luci. Sempre nello stesso anno il 28-29 Settembre dopo il tramonto i “night intruder” inquadrarono i ponti nel piacentino. Fino al mese di Gennaio 1945 non esistono tracce di operazioni mirate verso il territorio della nostra provincia quando nel gelido buio invernale del 14-15 Gennaio i bombardieri notturni colpisco i ponti che scavalcano il Po a Piacenza. Ancora il 29-30 Gennaio gli attacchi sono concentrati verso “bersagli di opportunità”. definizione identica alla precedente per l’operazione del 28-29 Marzo 1945. Nei successivi 30-31 Marzo bombe e proiettili riguardano le ferrovie così come nella notte tra il 23 e 24 Aprile 1945. Nell’oscurità che ormai precede la imminente liberazione anche quello che rimane dei ponti sul Po è preso di mira con bombe incendiarie. Ma tra queste date i “night intruder” sorvolarono di continuo l’Italia settentrionale alla ricerca di bersagli casuali. E i piacentini dovettero adattarsi a convivere con Pippo, uno sgradito compagno di nottata. Una semplice e tenue luce poteva attirare l’attenzione degli aerei attaccanti. Un boato nella notte significava la sparizione di una casa, degli amici e dei parenti. Il sibilo dei proiettili era l’ultimo suono udibile per eventuali incauti ciclisti, carrettieri o semplicemente persone a piedi. Se di giorno la popolazione aveva la possibilità almeno di vedere qualche cosa nel buio non rimaneva che ascoltare. Ogni rumore anomalo significava ansia, paura. Una corsa in un rifugio o almeno lontano dalle case. Non era sufficiente sperare di salvarsi nell’oscurità. I “night intruder” lasciavano cadere i “bengala” dalla luce accecante. E a quel punto tutto dipendeva dagli occhi di coloro che erano in cielo dentro gli aerei. Chi era a terra sperava che capissero che si trattava di civili, di abitazioni. Ma non sempre questo accadeva. E per alcuni questo equivaleva alla fine dell’esistenza, per altri a ferite fisiche e mentali. Non rimaneva che imprecare contro la guerra e pregare per invocare protezione e per chiedere che a qualche militare non passasse per la testa di posizionare autocarri, cannoni o altro accanto alle case o nei loro cortili. Perché se Pippo li vedeva poteva essere la fine.(Andrea Dotti – “The Panthfinder”, Piacenza novembre 2012).


aereo Douglas A-20G Havoc

riferimenti.
- air force combat units of world war 2 edited by maurer office of air force history Washington 1983.
- combat squadrons of the air force world war 2 edited by maurer usaf historical division air university department of the air force 1969.
- Il radar volume terzo la caccia notturna collana le macchine e la storia diretta da Giorgio Pini autore Nino Arena editore stem mucchi società tipografica editrice modenese – mucchi s.p.a. modena dicembre 1977.
- le foto degli aerei sono tratte da wikipedia.org.
- le campagne d’africa e d’italia della 5^ armata americana 1942 – 1945 autore Mark W. Clark titolo originale calculated risk editore libreria editrice goriziana settembre 2010.
- articolo “i morti della vedova nera–bombe d’aereo uccisero 32 abitanti di Vesimo” autrice Maria Vittoria Gazzola pubblicato a piacenza dal quotidiano libertà nell’edizione del giorno venerdì 29 Luglio 2011.
-47thbombgroup.org/history.html -414nightfightersquadron.blogspot.com
-usaaf.net/ww2/night/nightpg7.htm -historyofwar.org.