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Carnevale, Veglioni e Maschere Piacentine


mascherati sul faxall

Chi lo avrebbe mai pensato che nella nostra città, a detta di molti, così chiusa e austera, si svolgevano sontuose e variopinte sfilate mascherate. Non parliamo, delle kermesse carnevalesche che avevano luogo sul Faxall fino a qualche anno fa e che ancora tutti ci ricordiamo; ma delle manifestazioni di fine 800 inizio 1900. In un periodo storico molto particolare, avvezzo ai mutamenti sociali con il "benessere" se pur di breve durata, portato dalla nascita di moderne industrie (bottoniere, arsenale militare, cotonifici e manifatturiere) ed i tempi bui e affamati dei periodi bellici. I piacentini che come dicevamo sono poco espansivi, con il carnevale avevano trovato il sistema per poter dare sfogo a questa emotività un po sopita. Infatti durante queste giornate c'era la totale mobilitazione del popolo, i benestanti ed i meno fortunati finanziariamente si
fondevano in un unico sciame di gente festante e pronta a fare baldoria. C'erano persone disposte a indebitarsi per acquistare un costume e quindi fare una bellissima figura durante le sfilate della settimana grassa. Tre giorni all'insegna della goliardia, dello sfarzo e diciamolo pure anche un po di sana follia. Uomini rudi che si travestivano da provocanti fanciulle, adulti che si conciavano come poppanti accovacciati nelle carrozzine dei loro figli e con i biberon che invece di contenere latte venivano colmati con della frizzante malvasia o della forte barbera (si narra che alcuni di questi personaggi talmente intontiti dai fumi del alcol, si addormentavano e venivano abbandonati, dentro ai passeggini sotto le loro abitazioni e lasciati così sino a che avessero smaltito la colossale sbornia oppure fino a quando le mogli non si accorgevano di loro ed aiutandoli ad uscire dallo scomodo mezzo di trasporto, accompagnavano in casa il traballante marito); le donne modificavano il loro abito buono della Domenica, aggiungendo nastrini e pizzi per sembrare delle principesse. I bambini si fabbricavano ali ed aureole che indossavano per assomigliare a "bravi angioletti" oppure si incipriavano il viso e si coloravano il naso di rosso come i pagliacci. Chi poteva spendere di più si agghindava con autentici capolavori di sartoria e così apparivano regine, cavalieri e pierrot. In tutte le vie del centro si snodavano i cortei mascherati accompagnati dalle bande musicali, i protagonisti facevano di tutto per farsi notare, chi si faceva spingere su sgangherate carriole infiorate, i carrettieri con la loro barra tutta colorata e trainata dai possenti cavalli abbelliti pure loro per la parata, ospitavano gli scalmanati personaggi sui carri. In tutti i locali pubblici durante i veglioni erano indetti concorsi con premi per le maschere più carine, al Municipale veniva anche eletta la ragazza più bella del carnevale e veniva proclamata Regina del Mercato o come lo diceva il Faustini "la Regina dal marcà la po bella dla sittà!!"


Tutti però aspettavano l'arrivo della maschera tipica del folklore piacentino:"al Vigion”.


‘l vigion sul corso in velocipede
Ed eccolo che spuntava in mezzo alla folla plaudente, un anno sul carretto tirato da due bianchi asinelli, un'altro spingendo sui pedali del velocipede (l'antenato della bicicletta quello con la ruota anteriore enorme) oppure a piedi con l'ombrellino colorato ed il cestino con dentro gallina e uova omaggi per la Regina della manifestazione. Era l'ospite d'onore di tutte le feste più importanti ed era quello che alla mattina del ultimo giorno di carnevale faceva il giro delle osterie cittadine dove tra un bicchiere di vino, una poesia ed uno stornello accompagnato dal mandolinista e da altri musici di quartiere, chiudeva di fatto i festeggiamenti. Vigion non era altro che una presa in giro agli stereotipi degli "ariosi" gli abitanti cioè di fuori mura, della campagna e della montagna. Infatti aveva sempre le guance pomellate di rosso segno distintivo di salute e aria buona, indossava un cappello avvolto da nastrini e la marsina colorata, il pappillon di fettuccia al collo e gli stivaloni con le ghette.


Un'altra maschera tipica di Piacenza era "Tôllèin Cuccalla" macchietta più antica e più del "sass" ma meno colorata e appariscente del collega arioso Vigion; egli appariva nei festeggiamenti gridando:"me sum Cuccalla, me sumTôllèin e sum la mascra di Piasintein".


tôllèin cuccalla

Ma per conoscere meglio questo personaggio pubblichiamo qui di seguito una "bosinada" o stornello poetico in vernacolo ottocentesco composto da un autore anonimo, che come altri in questo periodo preferiva non firmarsi per avere più libertà di scrittura e poter dire quasi quello che voleva senza andare incontro a tagli di censura o a eventuali denuncie. Nel ricordo di Tôllèin, in città per un certo periodo fu anche pubblicato un giornale "umoristico sportivo" a cui fu dato il suo nome. Dal vocabolario piacentino del Foresti la cuccalla o galla viene indicata come una escrescenza di alcune piante che partoriscono questi frutti legnosi e vuoti dopo aver subito la puntura di certi insetti infestanti; da qui il detto "vod cme la cuccalla".(Stefano Beretta, Piacenza).


la Storia ad Tôllèin Cuccalla

Me son Cuccalla - me son Tôllèin
son me la mascra - di Piasintein!
Port la bandera - con sò ligria
parchè i fastidi - me ia cass via ,
a rid, a scherz - fag anca al mat;
pra scampà botta - l'è c'sè ac va fatt!
Ch'i enn zà tri secul - ca son nassì,
cust è vangeli - s'al vrì savì;
e stè pur chiett - i mè bambein
g'sarà da fà - a tirà i scappein!
A gh'iv piaser - seint la mè storia?
dess av la digh - tùtt a memoria:
mè màr puvreina - l'àva num Lisa
son dal canton - là dla Camisa
mè pàr iscambi - l'era Girom
anca lù povar - ma galantom!
Al mè prim num - l'era Tôllèin,
e al mè mister - al zavattein;
ciamàm Cuccalla - lè stà dal càs,
a vòi cùntàval - pòss miga tàs:
un de al furnàr - c'ma stàva appròv
vòin ch'i ga dsivan - "bucca da òv"
ad legna mnùda - l'ha dascargà
una barrossa lè - par la strà;
tacc ill fassein - gh'era ill cuccall
tùtt bel rutond - propri cmè ill ball,
culur castagna - con sò la fòia,
da tòn sò vùna - m'è vegn la vòia;
la mètt ad pes - in sal cappell
tant cmè la pènna - d'un bell usell!
Am tegn ad bon - e vag a spazzi,
gir par la piazza - pass in sal Dazzi,
tùtt im salùtan - tuccan la spalla
e dop im disan - ciaù Cuccalla!
E la cùccalla - l'ha fatt radisa
àvia da tòman? - gnanc una brisa!

Ess seimpr allegar - mài batt la lòina
eccu al prinzipi - dla mè furtòina!
Ad carnavàl - in duv as balla
oh tùtt i vòlan - Tôllèin Cuccalla!
In mezz i mascar - ai curs ad galla
chi è c'as vèdda - Tôllèin Cuccalla,
in di fastein - zù pri teattar
Tullein Cùccalla - fa al diàvl a quattar;
Tullein Cùccalla - l'è dappartùtt
in mezz ill donn - e bell e brùtt,
e vecc'e giuvan - spus e ragazz
Tôllèin Cuccalla - vòlan da brazz!
An gh'è baldoria - an gh'è ligria
oh bein intes - che lù al n'ag sia!
E n'as n'in parla - l'è seimpr in galla
tacc al cappell - la so cuccalla,
giga vardon - coi button c'lùsa
gilè fiurà - propi cm'as ùsa
ciàr i braghein - strètt e tirà
con dù calzitt - nètt ad bùgà,
atturn al coll - un fazzulètt,
du bell fùbbiazz - sur i scarpètt
e quand uccurra - al mètta i guant
al sà anca lù - fàl al galant!

Adess intant - par finì bein
a vus evviva - i Piasintein ,
e al Carnavàl - che s'al na falla
l'è tùtt par via - d'una Cuccalla!



il carro di bacco trainato dai buoi sul faxall

uomini rudi e poppanti in carrozzine