penna

ai Monti di Piacenza 1805

“di Sergio Efosi”


Antonio Boccia, capitano delle milizie “francesi” (nel periodo napoleonico) oltre 200 anni fa, nel 1805, intraprese un viaggio sui monti del ducato di Parma e Piacenza e ne descrisse, con molta precisione e dovizia di particolari, l’intera e vasta parte collinare e montuosa. Questi suoi scritti, un documento eccezionale, sono una sorta di “guida turistica” ante litteram dei nostri Appennini nel 1800. Il “viaggio ai monti di Piacenza” contiene minuziose descrizioni dei confini tra i paesi, brevi descrizioni dei principali monumenti incontrati, il percorso stradale compiuto, aneddoti e “raccomandazioni socio-politiche per i viandanti e.. per i governanti”. Proprio alcune di queste raccomandazioni hanno stimolato le nostre riflessioni che brevemente riportiamo. “La costa d’Asino finisce nel luogo detto i Castagnoli posto superiormente alle Taverne, ove si radunano sovente i malandrini per ispogliare i viandanti..” Costa d’asino insicura! Costa d’asino, per chi non lo sapesse, conduce al trivio Taverne, Veleia, parco del monte Moria. Giunto in zona Monastero (forse a Casenove?) prende atto della povertà delle terre circostanti sconvolte da frane e “lavine” e dello stato di indigenza alla quale è costretta la popolazione gravata [oltretutto] da pesanti tasse tanto da risultare doppie rispetto ad altre zone di alta collina. Il Boccia, a questo punto, si spoglia del suo ruolo di militare, emissario governativo, annotando “non è possibile che gli abitanti, dovendo pagare il canone annuo al feudatario e le altre imposizioni al governo, possino sussistere neppure un mese dell’anno. Dunque egli è talora l’estremo bisogno che riduce gli uomini, anche loro malgrado, ad infrangere le leggi della società. Meriterebbero pertanto sì questa, come la massima parte delle ville di questa vallata, gli umani e provvidi riflessi del Governo. Lascio a parte i privilegi tolti a tutta questa valle dal passato Governo che han finito di rovinarla..”.


veduta panoramica di ferriere
Senza tanti giri di parole, il Boccia, offre una chiara interpretazione relativa al fenomeno del banditismo diffusissimo all’epoca da queste parti: si diventava briganti per fame, per combattere le ingiustizie.. per forza! Passando dalle parti di Vitalta, in zona Pione, il capitano annota.. “Questo monte [ndr:Vidalto] finisce al luogo detto le Pergalle di Pione ove passa la strada nuova, luogo assai pericoloso per i viandanti perché, formando un bacino ed essendo all’intorno circondato da boschi, vi si appiattano i malandrini senza timore di essere scoperti da lontano..” Le “vocazioni economico-produttive” della “val di tola” sono ben riassunte in diverse pagine del libro ma questa la riteniamo molto significativa“ I prodotti di questa valle, in generale, sono scarsissimi come si è descritto nella memoria particolare che si è fatta d’ogni territorio; ma quel che penuriano di granaglie sono compensati da quelli dei bestiami, ed in ispecie dei suini che, mercé la quantità delle querce e delle roveri, soprabbondano in questa valle”. Un continuo alternarsi di considerazioni sociali, economiche e politiche.. oltre che “geografiche” che suonano pressappoco così: si potrebbe vivere dignitosamente se.. ma le tasse massacrano anche i più caparbi, i migliori! Un pò come oggi! La parte conclusiva del suo “reportage” nella “val di Tola” la riserva al carattere degli abitanti. Il carattere degli abitanti, dalla Sforzesca fino alquanto al di là di Lugagnano, è simile a quello degli abitanti del basso delle valli già descritte. Ma al di sopra di Lugagnano, per fino al principio della valle superiore, cangia notabilmente. E a chi non è noto il coraggio, l’ardire e l’intraprendenza della val di Tola? Esaminando filosoficamente le ragioni che tali li rendono, si vedrà che, lasciando a parte la vegeta e robusta costituzione di essi, vi contribuiscono più d’ogni altra cosa le loro circostanze e la loro situazione. Poveri di prodotti che non bastano a nutrirli per pochi mesi, carichi d’imposizioni e d’aggravi, la maggior parte di questi è ridotta a passare nell’Oltrepò per guadagnare, a costo d’infiniti sudori, un vitto miserabile e qualche moneta, che di ritorno alle loro case suole appena bastare per iscontare il debito che ha contratto per sussistere la famiglia rimasta in paese. Quest’è il tenore di vivere dei bene intenzionati. Ma gran parte degli altri, che sono in istato di aver muli o somieri, o son condottieri di merci o fanno il commercio clandestino; ma, tosto o tardi, incappando nelle mani delle guardie del governo, perdono talvolta la libertà e sovente il carico ed i somieri. Ciò accadendo, e trovandosi nell’impossibilità di sostituirne degli altri, si riducono spesso a far ciò che per indole e per carattere, non farebbero essendo altra la situazione. Una prova del vero si è che nei tempi per essi più felici, perché meno aggravati, la lealtà e la buona fede era il loro principale carattere oltre all’ospitalità ed il buon cuore, che ,malgrado i torbidi dei tempi presenti, tuttora conservano.” Sembra un’analisi sociologica del grande Adam Ferguson.
Difende ancora gli abitatori locali lagnandosi di non saper come mettere in evidenza, presso i governi e le autorità locali, la situazione di questi “sventurati abitatori”. Boccia è uomo d’ordine, non parteggia per i “banditi”, ma ne comprende la genesi e si prodiga nel suggerire rimedi [meno tasse..] ai governanti del ducato per combattere il fenomeno ed estirparlo. Il suo carattere, la sua formazione e la cultura gli faranno affermare che“ I loro asili [ndr: parla di banditi e inquisiti della valle] e punti di riunione sono ormai noti a chi li vuol sapere e, se il governo prenderà impegno, davvero gli sarà facile la loro estirpazione e renderà sicuro il passaggio per quella valle e gli abitanti di essa non avranno a temere le ruberie di costoro”. Uno spietato realismo! Una denuncia storica incredibile. Quando il Boccia scrive “..se il governo prenderà impegno..” significa ”se il governo farà riforme”, diminuirà le tasse, interverrà dal punto di vista socio economico e infrastrutturale.. Inascoltato! Ma cosa cambiò dal 1805, dall’epoca del Boccia all’unità d’Italia nel 1870? Praticamente nulla mentre il fenomeno dell’emigrazione, nel frattempo, assumeva caratteri di massa destinati a permanere tali per un secolo. Anche con la proclamazione del nuovo Regno unitario, dal 1870, non cambiò quasi nulla! Le speranze andarono presto deluse e di guerra in guerra, dapprima per conquistare l’Eritrea, poi la Libia e infine l’alto Adige si giunse al triste episodio dell’abbattimento delle gigantesche e secolari foreste di Cerri e Querce che ricoprivano tutta la parte alta della val d’Arda in cambio di spiccioli per la gente che prestava la propria opera, per i comuni e per gli stessi proprietari dei boschi. Tagliati i boschi, desertificata la zona, l’emigrazione riprese con più forza di prima!


il durissimo lavoro della trebbiatura
Solamente negli anni ‘50 iniziarono alcuni primi timidi interventi infrastrutturali quando la situazione era già molto compromessa e l’emigrazione, complice anche le recenti sofferenze della seconda guerra mondiale [che aveva esasperato l’estrema indigenza già denunciata tempi del “Boccia”] accelerò lo spopolamento di interi paesi che si ritrovarono a New York, Parigi e Londra. Era la resa finale! Erano le estreme conseguenze di quanto Boccia aveva denunciato 150 anni prima del dopoguerra. Mai, mai si è intervenuti per promuovere vero e duraturo sviluppo, per salvaguardare le risorse naturali [che qui erano eccellenti ] ma solamente “per rapinare”, per “depauperare”, con la complicità di scaltri “politici” locali che han fatto la loro fortuna e poi si son trasferiti da altre parti.(Sergio Efosi, collaboratore della rivista “quaderni della valtolla” e dei blog “valtolla’s blog” e “valdarda’s blog”).


Inseguendo il Capitano Boccia in Alta Val d’Arda

“di Andrea Bergonzi”

I Viaggi intrapresi dal Boccia agli inizi del 1800 furono voluti da Napoleone all’indomani della costituzione del Dipartimento del Taro (corrispondente, pressappoco alle odierne province di Piacenza e Parma) ed entrato a far parte integrante del Regno di Francia. Tali Viaggi furono voluti con l’intento di conoscere meglio le terre del nuovo Departement. Le annotazioni, i rilievi, le impressioni ed i giudizi che il Boccia andava scoprendo nel suo viaggio per le montagne del piacentino e del parmense vennero raggruppati in due volumi, il primo, Viaggio ai monti di Parma (1804), il secondo, ben più corposo e meglio strutturato, Viaggio ai monti di Piacenza (1805). Con questa serie di post si vuole far conoscere gli scritti del Boccia e fornire dei momenti di riflessione e di costruttivo confronto fra lo stato della nostra alta valle di ieri con quello di oggi. Sarà cambiato poi tanto? E i suoi abitanti? Saranno cambiati poi tanto? Lo scopriremo alla fine di questa nuova serie di post..


ducato di parma - piacenza - guastalla
Da Sperongia alla Pedna vi è un miglio passando la Libiana. Questa contiene 773 anime; le sono contermini all’est Metti e quella porzione di Sperongia posta sulla destra dell’Arda, al sud-est Casanova, al sud Chiesabianca e Bardi, all’ovest Morfasso e al nord Morfasso e Sperongia. Il territorio è di tre miglia quadrate. I corpi di case sono: i Casali, oltre l’Arda al sud-est un miglio lungi dalla Chiesa; al nord di questa villa vi è una roccia enorme detta “la Rocca dei Casali”. Questa villa è un grosso corpo di case e forma un Comune separato dalla Pedna sua parrocchia. Seguono i corpi di case: la villa della Rocca, mezzo miglio all’est; il Salino un terzo di miglio al sud; i Perotti, sulla destra dell’Arda mezzo miglio al sud; i Rusteghini, un miglio all’ovest; i Greghi, all’ovest un miglio e un quinto; i Botti, pure all’ovest un miglio e mezzo; la Pedna sopra, al nord-ovest un quarto; le osterie, ossia la Pedna di sotto, al nord-est un sesto. I rivi che bagnano questo territorio sono i seguenti. Il rio di Sperongia, che incomincia sul monte detto il Gorrino, quale s’innalza sopra la Rocca dei Casali, scorre dall’est all’ovest per un miglio e mezzo e va nell’Arda al fianco destro della villetta dei Corvi, corpo di Sperongia. Il rio della Predella, che si forma nel luogo detto “la Fornace” posto all’est della Rocca dei Casali, scende per un miglio dal sud-est al nord-ovest e va nell’Arda rimpetto al mulino di Don Giovanni Casali. Il rio del Nasseto, che ha origine sul monte del Carbone, serpe per due miglia e mezzo dal sud-est al nord-ovest e finisce nell’Arda rimpetto al prato del Borgo, poco lungi all’est dal Salino. Il rio della Borlinga, che nasce dalla fontana benedetta posta alle falde del Pellizzone, scorre per un miglio e due terzi dal sud al nord ed entra nel rio del Nasseto di contro a un campo detto “della Pedna” della villa Salino. Il rio della Valle, che ha principio sui prati dei Molinati situati sul Pellizzone, scende per un miglio e mezzo dal sud al nord, e sbocca nell’Arda rimpetto al Ponterre, campi di ragione della Chiesa sotto la villa del Salino. Il rio del Morello, che ha origine nel luogo detto “le Barattine”, posto sotto il monte Cravola, scorre dal sud-ovest al nord-est per due miglia e finisce nell’Arda in faccia alla Martinasca sotto la villa dei Rusteghini. Il rio di San Martino, che si forma nel luogo detto l’Archizzola posto al piede del monte di Morfasso, scende dall’ovest all’est per un miglio e mezzo e si frammischia coll’Arda al fianco del Campo Longo ed a fronte del luogo detto “il Canevale”, tutto coperto di boschi sotto la villa dei Rusteghini. Il rio dei Bondani, che incomincia nel luogo detto “la Pomarola” sito boschivo posto alla destra della Pedna di sopra, fluisce per un miglio dall’ovest all’est e si scarica nell’Arda al fianco sinistro della Spessa, campo vicino alla chiesa e alla villa di Salino. Sul territorio della Pedna alla sinistra dell’Arda trovasi il mulino di Don Giovanni Casali e, non molto al di sopra, quello di Domenico Labati, graditissimo oste della Pedna, dal quale mi furono usate molte cortesie. Sulla destra vedesi il mulino di Gabriello del mulino e alquanto sotto quello della villa dei Casali. Oltre i summentovati rivi, il territorio della Pedna è bagnato sulla destra dell’Arda dal rio del Campaccio, che nasce alle falde del più volte nominato monte del Carbone, scorre per un miglio e mezzo dall’est all’ovest e si mesce col rio Nasseto alla destra del Campaccio e di fronte alla Barbonaga luogo soggetto alla villa della Rocca. Dalla Pedna a Morfasso, andando verso il nord-ovest, vi è un miglio e mezzo. La strada passa al piede della costa detta “dei Cimelli” il qual luogo chiamasi “il Sabbione” ed è posto sul territorio della Pedna. La suddetta costa finisce all’Archizzola e divide il territorio della Pedna da quello di Morfasso in tutta la sua lunghezza.


veduta panoramica di morfasso
Il territorio di Morfasso è il più ubertoso di questa valle e di molt’altre ancora. Il fonde generalmente è buon per l’istessa ragione che si è detta del fondo di Vezzolacca essendo pressoché tutto o piano o poco inclinato; di modo che si resta sorpreso nel vedere tanta fecondità superiore ai terreni desolati che si percorrono pria di giungervi. Questo territorio è circondato verso il sud, l’ovest e il nord-ovest dai monti cioè quello della Cravola, ch’è contiguo al Pellizzone, Monte Lama; fra questi due monti torreggia un altissimo scoglio che s’inoltra verso l’Arda detto “il Castellaro”; dopo il Lama vi è la Crocetta (Sembrerebbe che questa Crocetta menzionata dal Boccia corrisponda a quello che attualmente viene detto monte Menegora: stranamente, né il Boccia né il Molossi (nel Vocabolario topografico dei Ducati di Parma, Piacenza e Guastalla) menzionano espressamente il monte Menegora.), il Groppo, il monte di Santa Franca, Montelana e la costa dei Guselli che si unisce colla già nominata Riva dei Segni. Partendo da Morfasso per salire sul monte Lama, il più alto di tutti questi monti, si va per la strada mulattiera che dalla Bettola conduce a Bardi passando per le case dei Secchi e la villa dei Teruzzi e, a poca distanza all’insù di questa villa, si lascia la strada volgendosi al sud-ovest. Monte Lama è quasi tutto prativo e a riserva della più alta cima vi sono degli spazi di amena pianura. I semplici più rari sogliono popolare questo monte superbo ma, quando vi andai, stante il lungo soggiorno delle nevi, la vegetazione appena incominciava. In mezzo ad uno di questi piani inclinati vi è un masso di una pietra particolare; questa, che al di fuori è ferruginea e non è scintillante, nel mezzo presenta un quarzo vagamente colorato che, levigato che sia, appare una delle più belle pietre silicee di questo Stato
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tipico villaggio dell’appennino piacentino
Dall’apice di questo monte, volgendo lo sguardo al nord e al nord-est, si scopre una gran parte del piano lombardo e perfino le Alpi Rezie, distinguendosi anche ad occhio nudo molte città e borghi, come Piacenza, Cremona, Borgo San Donnino e Parma. Verso l’ovest grandeggiano gli Appennini Liguri, che tuttora biancheggiano per le nevi non ancora disciolte. Al sud-ovest s’inalza la catena de’ monti dei Pigarelli, della Ragola, di Montenero, che sono tra la valle del Nure e quella della Leca. Il lato del Monte Ragola rivolto verso il nord era coperto da un braccio e mezzo di neve; pure ad onta di questa, i faggi cominciavano a germogliare. Verso il sud giganteggiano il maestoso Pelpi, la Penna e il nevoso Pennino, che fra questi primeggia. Al sud-est torreggiano il monte Gotra, la gran macchia di Borgotaro, gli Appennini verso il Lago Santo col monte Orsaro tuttora coperto di neve. Verso l’est s’estollono il monte Dosso, le famose ripe d’Argino, Montagnana, la vetta del monte Cheio e tutte le catene dei monti delle interposte valli. Il vento su questo monte soffia assai freddo e principalmente sulla cima, onde fui costretto d’involgermi nel mantello. Scendendo dal monte per ritornare a Morfasso, si passa per i Roncazzi, che così chiamasi il lato del Monte Lama riguardante verso l’ovest, ch’è un’alta rupe ferruginosa; al Passo di questa la vegetazione era alquanto inoltrata ed ivi mi fermai qualche tempo per arricchire il mio erbario di piante rare. Il torrente Arda ha origine alle falde del monte Lama da vari fonti che si frammischiano un quarto di miglio al sud dei Teruzzi, scorre per quattro miglia dall’ovest sud-ovest all’est nord-est fino al piede della Rocca dei Casali, indi per quattro miglia e mezzo si dirige verso il nord-est fino sotto il Quercione della Libia; si piega poi verso il nord pel corso di due miglia fino al mulino delle Arbarelle e prende in seguito la direzione del nord-est per tre miglia e mezzo fino a Castellarquato alquanto obliquamente; e, dopo aver tagliato l’Emilia ove ha un bel ponte in cotto contiguo a Fiorenzuola, va per la pianura ad arricchire il Po. I prodotti di questa valle, in generale, sono scarsissimi come si è descritto nella memoria particolare che si è fatta d’ogni territorio; ma quelli che penuriano di granaglie sono compensati da quelli dei bestiami, ed in ispecie dei suini che, mercé la quantità delle querce e delle roverelle, soprabbondano in questa valle.


castell’arquato riflesso nel torrente arda
Il carattere degli abitanti, dalla Sforzesca fino alquanto al di là di Lugagnano, è simile a quello degli abitanti del basso delle valli. Ma al di sopra di Lugagnano, per fino al principio della valle superiore, cangia notabilmente. E a chi non è noto il coraggio, l’ardire e l’intraprendenza della Val di Tolla? Esaminando filosoficamente le ragioni che tali li rendono, si vedrà che, lasciando a parte la vegeta e robusta costituzione di essi, vi contribuiscono più d’ogni altra cosa le loro circostanze e la loro situazione. Poveri di prodotti che non bastano a nutrirli per pochi mesi, carichi d’imposizioni e d’aggravi, la maggior parte di questi è ridotta a passare nell’Oltrepò per guadagnare, a costo d’infiniti sudori, un vitto miserabile e qualche moneta, che –di ritorno alle loro case– suole appena bastare per iscontare il debito che ha contratto per sussistere la famiglia rimasta in paese. Quest’è il tenore di vivere dei bene intenzionati. Ma una gran parte degli altri, che sono in istato di aver muli o somieri, o sono condottieri di merci o fanno il commercio clandestino; ma, tosto o tardi, incappando nelle mani delle guardie del Governo, perdono talvolta la libertà e sovente il carico ed i somieri. Ciò accadendo, e trovandosi nell’impossibilità di sostituirne degli altri, si riducono bene spesso a far ciò che per indole e per carattere, non farebbero essendo in altra situazione. Una prova del vero si è che nei tempi per essi più felici, perché meno aggravati, la lealtà e buona fede era il loro principale carattere oltre l’ospitalità ed il buon cuore, che –malgrado i torbidi dei tempi presenti– tuttora conservano. Io non saprei abbastanza mettere in vista a chi presiede al Governo la deplorabile situazione di questi sventurati abitatori. Essa mi era nota da molti ani, ma in questa occasione, nella quale ho dovuto perlustrare tutta questa valle, per così dire palmo a palmo, mi sono confermato nell’idea compassionevole che n’avea. La posizione di accesso difficile e la quantità di boschi servono tutt’oggi d’asilo a qualche bandito o malandrino fuggito dall’estero. Questi, unendosi coi banditi ed inquisiti della valle, la infestano e –mercé le loro aggressioni, che succedono quasi giornalmente– il commercio della Liguria orientale è tolto onninamente e perfino il transito dei naturali delle valli superiori. I loro asili e punti di riunioni sono ormai noti a chi vuol sapere e, se il Governo prenderà impegno, davvero gli sarà facile la loro esterpazione e renderà sicuro il passaggio per quella valle e gli abitanti di essa non avranno a temere le ruberie di costoro. (di Andrea Bergonzi dal blog pedinavaltolla).


panorama nella valle del chero