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Piacenza 1860 - il Vescovo Condannato

Con le votazioni tenutesi l'11 e il 12 marzo 1860, i piacentini decretarono ufficialmente l'annessione al "regno costituzionale" del re Vittorio Emanuele II, non ancora regno d'Italia, ma da come si legge nei volantini fatti affiggere dai sindaci di tutti i paesi partecipanti al voto, un’annessione ad un governo liberale, forte, compatto che protegge e favorisce ogni sorta di libertà di commercio di studi e di azione. Fu plebiscito; a Piacenza su 7690 iscritti al voto 7296 furono favorevoli, 6 contrari e il resto delle schede fu nullo. Il 18 marzo a Torino, il dittatore dei territori emiliani Luigi Carlo Farini viene ricevuto da Vittorio Emanuele II, al quale presenta il risultato del voto, dopo solo un’ora il futuro re d’Italia firma il decreto che dichiara le province dell’Emilia annesse allo Stato. A Piacenza tutte le campane suonarono a festa i balconi e le finestre furono addobbate per l’occasione. Il popolo si riversò nelle vie della città portando tricolori e fiaccole inneggiando all’Italia alla libertà e al re per le strade si cantava "Fratelli d’Italia". Ma non fu festa per tutti i cittadini. Nonostante molti parroci durante i loro sermoni invitavano e spronavano al voto, alcuni di loro, in primis il vescovo monsignor Ranza si attennero ai dettami arrivati dallo Stato Pontificio; secondo i quali papa Pio IX invitava i fedeli a disertare il voto. Infatti in quei giorni il nostro vescovo fece pubblicare e distribuire clandestinamente una "orazione per il sommo pontefice" nella quale si accenna alla difesa dei diritti spirituali e al potere temporale del papa ed era contro coloro che tentano in qualunque modo di oscurarne la gloria.


scheda adottata per il plebiscito del 1860

Sulla Gazzetta Piacentina viene pubblicato un articolo che si conclude così: "dunque i clericali vogliono la guerra civile? Che il governo si guardi in seno, non è più tempo di transizioni; bisogna amputare la parte infetta". Fu così che l’operato vescovile venne considerato dai cittadini come un atto di ribellione al nuovo Stato nascente suscitando indignazione e rabbia; i muri vennero tappezzati con scritte ingiuriose e che il vescovo era il satellite del carnefice di Perugia (il papa) e che costui tradiva la fede di Cristo. La Guardia Nazionale fu costretta a montare di guardia al palazzo vescovile per impedire tumulti e agitazioni.


giuseppe mischi-filippo grandi-lodovico marazzani terzi
luciano scartabelli-pietro gioia-pietro salvatico

A Torino venne costituito il primo parlamento nazionale; tra i piacentini eletti vi furono: Giuseppe Mischi, Filippo Grandi, Ludovico Marazzani Terzi, Luciano Scarabelli, Pietro Gioia, Giuseppe Manfredi e altri. In questa occasione Vittorio Emanuele annuncia una sua visita a Piacenza per il giorno 7 maggio. Monsignor Ranza scrive al sindaco Perletti che ordini superiori gli impedivano di essere presente per la visita del sovrano; dopo aver così fatto il vescovo si rifugiò nel castello di Travazzano e poi sotto mentite spoglie condotto in una casa colonica della zona, perchè dalla città partirono squadre punitive in cerca del monsignore.


monsignor antonio ranza

Finalmente il re Savoia arriva nella nostra città, il reale corteo fu scortato dalla stazione sino a palazzo Mandelli dove tutto era stato approntato per il suo soggiorno; sulla facciata di questo edificio si può ancora ammirare la lapide fatta apporre nel 1885 per ricordare tale evento. La Gazzetta Piacentina ricorda così la giornata: "verso le 8 di sera la città fu come per incanto illuminata e la piazza de cavalli figurava un vero oceano di luce: i colori e la disposizione dei lumi erano meravigliosi. Alle 9,30 il re si recò al teatro percorrendo in carrozza le vie più celebri della città. Passò la notte a palazzo Mandelli e la mattina seguente di buon ora uscì a visitare le fortificazioni cittadine. All’una il re lasciava la nostra città in mezzo alle ovazioni del popolo". Il 10 giugno monsignor Ranza parte per Torino, dove era stato invitato dal governo per spiegare la propria condotta, dopo l'interrogatorio fu confinato nella casa dei fratelli della Dottrina Cristiana nel capoluogo piemontese. A Piacenza invece viene svolto il processo contro l’alto prelato e altri rappresentanti del clero cittadino; tutti gli imputati vennero condannati in contumacia. Al vescovo vennero inflitti 14 mesi di carcere e 1300 lire di multa, al vicario generale monsignor Testa un anno di reclusione e 1000 lire di ammenda, al segretario e ad alcuni sacerdoti 6 mesi di galera e 500 lire di multa. La sentenza dichiara i prelati colpevoli di essere apertamente anticostituzionali e contrari al governo di Vittorio Emanuele II. Durante le udienze vengono inoltre aspramente criticate le mancanze del clero (anche da alcuni sacerdoti liberali) in occasione della visita del re; il quale poco tempo dopo concesse la grazia a tutti i condannati. Si ricorda che in questo periodo il Savoia era visto come una sorta di "angelo liberatore dei popoli" (la stella di Garibaldi non era ancora così fulgida anche se era in pieno svolgimento la guerra risorgimentale) e bastava un suo passaggio ferroviario per scatenare in ogni città festeggiamenti, manifestazioni di giubilo ed anche qualche scena di isterismo.


rassegna di giornali cittadini del 1860

Con la grazia ricevuta monsignor Ranza, dopo 4 mesi di permanenza forzata nel collegio cristiano di San Giuseppe in Torino poteva far ritorno nella nostra città, dovette subire un altro processo per aver negato l'assoluzione in punto di morte, ad un prete che non aveva adottato completamente la politica papale. Il vescovo si spense a Piacenza il 20 novembre 1875 all’età di 74 anni e dopo 26 anni di reggenza vescovile molto travagliata e che resero il Porporato uno dei rappresentanti cattolici più intransigenti di quei tempi. Sicuramente un periodo, quello risorgimentale, che portò appunto alla rinascita dell'Italia per mezzo anche di movimenti culturali, politici e sociali, raggiungendo un’identità unitaria che affonda le proprie radici nell'epoca dell'antica Roma, che mancava sul suolo italico da ben 12 lunghissimi secoli. Tratto liberamente da piacenza 1860-61, edito da stabilimento tipografico piacentino 1961. (stefano beretta, piacenza).