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i Proverbi dei Mesi

Il proverbio è visto, per lo più, come una pura e semplice curiosità, esso rappresenta invece una chiave di lettura per la comprensione di un piccolo universo. Prendiamo ad esempio i proverbi dei mesi. La parte più considerevole della materia è costituita da detti che riguardano la vita della campagna, intesa nel senso più ampio con i suoi raccordi a tutte le realtà: da quella spirituale a quella economica, dall'aspetto magico ai fenomeni astronomici; unitamente a ciò che hanno rappresentato per secoli le fonti di sussistenza, ossia “la vita” della terra, delle piante e degli animali. Tutte queste cose hanno plasmato il nostro sistema proverbiale. Cicli vitali come quello del grano, che i proverbi in lingua e dialettali, seguono con preoccupata cura dalla preparazione della terra in autunno, alla semina, al lavorio segreto sotto il terreno, l'acqua, la neve, il suo spuntare improvviso, la funzione dei vari santi che presiedono le giornate chiave per lo sviluppo, i pericoli della maturazione e il tempo opportuno per la mietitura. E poi, il ciclo della vite e del vino, della vegetazione e degli ortaggi, degli animali, la migrazione degli uccelli, il letargo degli animali e il loro risveglio, il cielo delle piogge e quello delle feste legate al ciclo astronomico del sole e della luna. Questi detti, questi proverbi, dunque, dischiudono alcuni “segreti del mondo”, stabiliscono connessioni più o meno misteriose tra le cose e gli esseri che sono sulla Terra. Mediante i detti il contadino sa cosa avviene sotto le zolle indurite dal gelo, dietro le nuvole invernali, conosce la vita segreta delle larve, degli insetti, avverte quando la linfa comincia a risalire nei tralci.

I detti narrano la lunga storia di una ricerca segreta d'intesa tra la mano dell'uomo e la terra, tra la sua mente e la realtà investendo ogni zona, fino alla più alta, in cui si muove la vita. Altre volte, invece, le connessioni investono la religione, come la grande teoria dei santi che vigila e presiede, talvolta anche con figure magiche e sconcertanti, quelle che, forse, hanno contribuito a gettare sui proverbi il discredito di cui godono oggi. Ma chi può negare che nel proverbio si fondano saggezza, esperienza, oscure intuizioni, ricordi ancestrali e il bisogno dell'uomo di riportare la contradditorietà della vita in un tracciato comprensibile? Una delle operazioni più grandiose dei proverbi è stata quella di materializzare il tempo e di scalfirlo con qualche segno familiare, fare in modo che ogni giorno non fosse uguale all'altro e che una entità astratta (il tempo) entrasse in contatto con cose concrete: fenomeni astronomici, il mondo delle piante, la vita degli animali. Questo patrimonio proverbiale, così come i detti che riguardano la campagna è stato abbandonato tanti anni fa, quando in Italia si assistette allo spopolamento delle campagne; fu un abbandono rabbioso pieno di rancore e, frugare in questa “sapienza del passato” può sembrare che non abbia niente da spartire con i nostri tempi. Ma un rischio c'è ed è quello di gettare via col ciarpame, anche tutto quello che di saggio e di buono era racchiuso in essi. Riporto alcuni proverbi dei mesi per ricordare questa saggezza secolare di chi ha vissuto a contatto con la terra.

San Peval di segn e' vo signè, vent volt a e dé l'ha maudé. Il proverbio mette in luce il carattere di superstizione che assumono certe ricorrenze, dove la festa del santo pare un pretesto per ricordare qualcosa di più antico e forse più sentito dal popolo.

Se piôv par la Zariôla, quaranta dè l'inveran in z'arnôva. La Candelora si trova a metà di un periodo di ottanta giorni circa; quaranta a ritroso si trova il Natale, altri quaranta si arriva a metà marzo; perciò sono molte le probabilità che il tempo abbia caratteristiche invernali.

Sol de merz cusul el cul, e nom cusr etar. L'usanza di mostrare il sedere al sole il primo di marzo era osservata da molti specialmente dalle donne: perché non abbronzasse troppo la pelle e anche per tenere lontane le malattie.

Da Carnevale a Pasqua, tòtta l'erba l'è insalè. Cominciano a crescere nell'orto le erbe della primavera.

Vinla alta, vinla bassa, San Marco la 'n la passa. Venga alta o venga bassa (la Pasqua) non passa mai il giorno di San Marco, che è il 25 aprile.

Par l'Assunciòn e' gran in garnisòn. Una delle credenze era quella che il Signore il giorno dell'Ascensione discendesse a benedire le campagne e portare alla maturazione i chicchi del grano.

Chi vol fei dla frenna, méda quand al s'aranzénna. Viene esortato il contadino a mietere quando il grano si attonciglia.

Chi 'n compra i ai al dè 'd San Zvan, è puvratt tott l'an. Il mercato degli agli, ritenuti il simbolo dell'abbondanza, aveva luogo il 24 giugno. L'aglio si collega con San Giovanni forse per la sua proprietà di allontanare le streghe.

In loii i è gran calura, se in znèr i fo gran fardura. Secondo i proverbi la quantità di caldo e di freddo durante l'anno dovevano equilibrarsi.

La Madona 'd setémbar quand ch'l'è arivè, i canvún t'è da tajê. Quando arriva la Madonna di settembre (l'8) si devono tagliare i gambi da seme della canapa.

Per San Simòn, o l'oca o il capòn. Sembra far riferimento all'usanza di chiudere con un gran banchetto la vendemmia.

Int i bur 'd Sant'Andrè, o luna o lanterna, s' t'a t' vú sicuré e' pè. Il 28, 29, 30 novembre hanno le notti lunghe e buie, si avvicina il solstizio d'inverno.

Par San Tmês, la gozla a e' nês. La gocciola al naso è un chiaro sintomo del freddo di dicembre. (di Alfredo Altieri).