penna

Giandomenico Romagnosi

il Misterioso Genio di Salsomaggiore

di Alessandro Zani

Un atteggiamento problematizzante, riguardo a un principio di demarcazione della scienza valido e ad una definizione di progresso scientifico razionalmente ed empiricamente soddisfacente, è utile, se non indispensabile, per fini eminentemente pratici. Da sempre si osservano gli oggetti cadere al suolo; da sempre si osservano i cicli lunari, i cicli solari, i ritmi delle maree, il succedersi delle stagioni ecc. Ma comprendere un fenomeno naturale è qualcosa di più che osservarlo; e descriverlo è un passo ulteriore, che culmina nella elaborazione di modelli formali rigorosi, che in pratica consentano di pronunciare giudizi sulla realtà e costituiscano un sistema referenziale guida dell’operare umano. Ma cosa significa osservare un fenomeno naturale? Quando tale osservazione può dirsi scientifica? Quando la descrizione che se ne fa è scientificamente adeguata? I concetti di osservazione, di oggettività, di scientificità sono caratterizzati da una variazione di grado apparentemente infinita; per cui dal punto di vista pratico il divario tra logica matematica e realtà sembra incolmabile; se reale è la sperimentazione, con tutte le difficoltà, le contraddizioni e gli errori implicati nella e dalla sua genetica, i modelli teorici altamente formalizzati sono (o dovrebbero essere) privi di qualunque ambiguità o errore logico deduttivo; ma se la scienza pretende di essere rigorosa, sovente non lo è la presentazione dei risultati ottenuti dai ricercatori, presentazione che utilizza spesso e volentieri linguaggi naturali ambigui. E la stessa filosofia, pur facendo proprio un linguaggio altamente tecnico, ma pur sempre naturale e quindi indeterminato, tenta di fornire sistemi teorici grazie ai quali giungere a comprendere cosa sia in realtà quello che chiamiamo progresso. Ma in tali schemi si cerca di incasellare fenomeni (nel caso di specie, esperienze e teorie scientifiche) sempre sovralinguistici che non trovano, in tali fonti teoretiche, il proprio gemello identico.


miniatura di g. romagnosi

Che cosa ha a che fare tutto questo con L’urtiga? Forse potrebbe dirvelo
quel tale che ho incontrato alla Libreria Internazionale Romagnosi. Aveva la barba incolta, lunghi capelli bianchi. Era, o sembrava, completamente immerso nella lettura, quando all’improvviso, di scatto, alzò lo sguardo e si mise a fissarmi. Lentamente posò il libro che aveva in mano e disse: “Romagnosi! Chi era costui?”. Giandomenico Romagnosi è ricordato come un grande giurista e filosofo; notevolissimi i suoi contributi alla progettazione del codice penale italiano; e le sue intuizioni su una riforma della filosofia civile. Se tutto questo è pacifico dal punto di vista storico, è altamente controverso (e da molti addirittura dimenticato) il lavoro del Romagnosi fisico. È sorprendente quanto modesta sia la letteratura attualmente in circolazione, che faccia piena luce sui fatti che mi appresto a sintetizzare. Al contrario, numerose pubblicazioni di divulgazione scientifica, apparse nel XIX secolo, presentano nel dettaglio, sia dalla prospettiva teoretica che da quella empirica, un esperimento rivoluzionario condotto nel 1802 da Giandomenico Romagnosi; esperimento che avrebbe mutato il corso della storia della scienza. E che avrebbe potuto mutare anche il nostro presente. Giandomenico Romagnosi scoprì l’elettromagnetismo.

Ecco le prove. Il fisico e chimico danese Hans Christian Ørsted scrive in una pubblicazione dell’Enciclopedia di Edimburgo del 1830 che “la conoscenza del lavoro di Giandomenico Romagnosi avrebbe anticipato la scoperta dell’elettromagnetismo di diciotto anni”. Nella quindicesima edizione dell’Enciclopedia Britannica si evidenzia che la scoperta dell’elettromagnetismo non fu dovuta a Ørsted, bensì al giurista Romagnosi, che ne riportò la notizia in un poco conosciuto giornale del 1802. Inoltre alla voce “magnetismo” sta scritto che l’origine delle proprietà magnetiche all’epoca restava un mistero, ma un grande passo avanti fu fatto nel 1820, quando il fisico Danese Hans Christian Ørsted osservò che una corrente elettrica che percorre un filo conduttore determina una campo magnetico nello spazio circostante; e continuando a leggere, scopriamo che secondo gli autori dell’Enciclopedia Britannica di cui sopra “la stessa scoperta fu fatta da Giandomenico Romagnosi, un giurista italiano, e la notizia fu pubblicata nella Gazzetta del Trentino, il 3 agosto 1802.

Tuttavia la scoperta del Romagnosi fu ignorata”. Alla voce “radiazione elettromagnetica” è riportato che “l’effetto magnetico generato dalla corrente elettrica fu osservato per la prima volta nel 1802 dal giurista italiano Gian Domenico Romagnosi, ma la notizia fu ignorata”. Scorrendo il Dizionario della storia delle scienze esatte, edito a Lipsia nel 1863, alla voce “Romagnosi” si trova citato il famoso articolo edito nel Ristretto dei foglietti universali di Trento del 3 agosto 1802, che riporta i risultati di una ricerca del Romagnosi con la “pila di Volta”, in base alla quale gli fu attribuita da vari autori la scoperta dell’elettromagnetismo (scoperta citata in molte biografie del Romagnosi). Nella Storia della fisica del 1887 di F. Rosenberger, è riferito di come il fisico J. Hamel ancora nel 1860 sosteneva come molto verosimile Ørsted durante un suo soggiorno a Parigi fosse venuto a conoscenza delle ricerche di Romagnosi; di più, biasimava il medesimo di aver taciuto la cosa. Hamel parlò in altre occasioni della scoperta del Romagnosi, ripetuta, per così dire, da Ørsted (Hamel non perse occasione per richiamare l’attenzione del pubblico e della comunità scientifica sul fatto che anche l’invenzione del telegrafo ad ago era basata sulle scoperte di Romagnosi e Schweigger).


il monumento piacentino in piazzetta san francesco

È dunque evidente come il nome del Romagnosi sia stato citato per quasi
tutto il XIX secolo anche dalla scienza ufficiale (nonostante oggi non sia più viva l’attenzione intorno ai suoi lavori pioneristici) come quello di uno studioso di elettricità e magnetismo, che con ogni probabilità arrivò a una scoperta storica: il suo esperimento è stato studiato, valutato, criticato, da un numero sorprendente di esperti, tanto che analisi, perizie, controperizie, prove storiche, testimonianze, pareri ecc. affollano la letteratura scientifica. A favore del Romagnosi si pronunciarono, tra gli altri: la Commissione responsabile per la pubblicazione della corrispondenza di Alessandro Volta; il fisico Herbert W. Meyer nel 1971, l’eminente fisico Francesco Zantedeschi, che nel breve saggio del 5 marzo 1859 intitolato L’elettromagnetismo rivendicato a Giandomenico Romagnosi e all’Italia espone le ragioni scientifiche che confermano, al di là di ogni ragionevole dubbio (o debole illazione), che Romagnosi osservò per primo il fenomeno elettromagnetico; Pietro Configliachi, editore del Giornale di fisica, chimica, storia naturale, medicina e arti, nel 1820. Ancora, elementi che comprovano la rilevanza del procedimento sperimentale osservato dal Romagnosi (e dal chimico di Genova Mojon, che condusse esperimenti simili), e quella dei risultati ottenuti, si trovano nei Saggi sulla teoria e pratica del galvanismo di P. Aldini, stampati a Parigi nel 1804, e nel Manuale sul galvanismo di Izarn, pubblicato a Parigi lo stesso anno. Ne troviamo altri accenni nella Bibliothèque universelle des sciences, belles lettres et arts di Genova, mentre nei summenzionati Saggi sulla teoria e pratica del galvanismo del prof. Aldini possiamo leggere una dichiarazione di Mojon, a proposito dei fenomeni elettromagnetici, secondo il quale “questa proprietà del galvanismo fu notata da altri osservatori e ultimamente dal sig. Romagnosi [..], fisico [..] di Trento che riconobbe che il galvanismo determina deflessione dell’ago magnetico”. Una copia di questo commento fu inviata a Ludwig Wilhelm Gilbert, editore dell’Annalen der Physik dal 1799 al 1824, che lo pubblicò.

Se ci sono quindi prove schiaccianti a favore di Romagnosi, per quanto concerne la scoperta dell’elettromagnetismo (qui ne abbiamo elencate solo una minima parte), nelle nostre scuole, dai licei alle università, il sapere convenzionale (purtroppo si dovrebbe parlare di indolenza intellettuale) ricorda solo Hans Christian Ørsted. Perché? Perché Romagnosi era un fisico dilettante? “Certo che no! -vi dirà il professore -il fatto è che la scienza è fatta di evidenza sperimentale, oggettività, riproducibilità, e teorie matematizzate rigorose”.“Ma professore, Romagnosi dimostrò pubblicamente che un ago magnetico risente dell’effetto di una corrente elettrica..”. “Vedi figliolo.. Se anche fosse vero, manca una adeguata descrizione matematica del fenomeno..”. “Vede professore.. Lo stesso Ørsted non era affatto avvezzo a tradurre in linguaggio matematico le sue ipotesi. Infatti dobbiamo attendere Maxwell per leggere la teoria classica dell’elettromagnetismo in quel linguaggio chiamato calculus. E poi, non vorrà dirmi che Michael Faraday non era un fisico per il solo fatto che scriveva le sue intuizioni sotto forma di poesie? Sa, il suo taccuino ne era pieno. Einstein? Ricorda Einstein? Era un daydreamer che scoprì la relatività fantasticando.. La matematica venne dopo”. “Eh no ragazzo, questo non è corretto! Einstein non scoprì la relatività. Fu un ingegnere italiano, matematico dilettante, a farlo.. Ma questa è un’altra storia”.


medagia del bicentenerio di romagnosi

Romagnosi:la vita,il genio. Giovanni Domenico (o Gian Domenico) Gregorio Giuseppe Romagnosi nasce l’11 dicembre 1761 a Salsomaggiore, paese(all’epoca) in provincia di Piacenza. Durante la scuola superiore matura un forte interesse per la matematica, la fisica e la filosofia. Termina gli studi di base e nel 1781 inizia a studiare legge a Parma. Si laurea nel 1786 e presto diventa uno stimato avvocato. Nel 1791 pubblica il suo primo libro che verte su questioni giurisprudenziali, lavoro di cui escono tre edizioni quand’egli è ancora in vita. Lo stesso anno diventa magistrato a Trento (città al tempo sotto il dominio Francese) posizione che mantiene per tre anni, dopodiché inizia ad esercitare la professione di avvocato nella stessa città. Nel 1799 l’Austria prende Trento e Romagnosi diventa un “sospetto” a causa della sua passata associazione col governo Francese. Arrestato e detenuto a Innsbruck per quindici mesi, viene assolto e rilasciato l’anno seguente. Nel 1801, quando la Francia si riappropria della Regione, strappandola all’Austria, Romagnosi è eletto Segretario dell’Alto Consiglio di Trento. Durante il periodo in cui è detenuto, la scoperta della pila di Volta è resa pubblica, e gli esperimenti con questa nuova tecnologia diventano consuetudine. Gian Domenico, durante la prigionia, riesce comunque ad iniziare i suoi esperimenti, e per alcuni anni si dedica alla fisica: saranno proprio queste ricerche “dilettantistiche” che sfoceranno nel suo famoso esperimento sugli effetti della pila sull’ago magnetico, i cui esiti sono pubblicati in un giornale locale il 3 agosto 1802: alcuni autori parlano della Gazzetta di Trento, altri della Gazzetta del Trentino, altri ancora della Gazzetta di Rovereto.

La verità è che la scoperta viene pubblicata nel Ristretto dei foglietti universali di Trento. Poco dopo Romagnosi si trasferisce a Parma dove accetta la cattedra di diritto pubblico. Durante la sua carriera, pubblica numerosi libri ed insegna anche a Pavia e a Milano. Muore l’8 giugno 1835 a Corfù. (testo dalla rivista l'Urtiga per gentile concessione di LIR edizioni).


francobolli del bicentenario di romagnosi