penna

il Borgo Centro del commercio

di Giuseppe Romagnoli

Il Borgo antico centro del commercio cittadino. Il centro cittadino, non l’attuale, ma certo quello più antico, ovvero il Borgo, la piazzetta in cui termina Corso Garibaldi (da largo Battisti) e da cui si dipartono via Taverna (Strà ‘lvà) e via Campagna. Nel Medioevo era situato fuori dalla più antica cerchia muraria della città. La porta da cui si usciva verso il “sobborgo” aveva nome Santa Brigida, dal nome della chiesetta che domina la piazza, fondata attorno all’850 con un ospizio di pellegrini irlandesi per volontà del Vescovo di Fiesole Donato. Officiata in un primo tempo dai frati di San Colombano, dopo il Mille, la chiesa diventò sede di parrocchia. La prima citazione ufficiale con tale qualifica risale al 1135. Nel 1140 il piccolo borgo venne distrutto dal fuoco, non così probabilmente la chiesa come attesta lo storico Vincenzo Pancotti (che ne fu anche parroco) in una sua monografia del 1928. Infatti i cronisti di allora, sempre molto attenti alle vicende delle chiese, non la inclusero fra gli edifici devastati dal fuoco; più probabile che in questo periodo venisse comunque riedificata con le case in quanto le chiese anteriori al Mille, non possedevano strutture adatte a resistere nel tempo.

piazza borgo e santa brigida con le torri

Il 21 gennaio 1185 Santa Brigida fu testimone di una importante pagina di storia italiana: la ratifica da parte delle Lega Lombarda della pace di Costanza i cui preliminari erano stati discussi in un’altra chiesa piacentina, Sant'Antonino. Com’è noto la pace, dopo una tregua di sei anni seguita alla battaglia di Legnano, sancì la riconciliazione tra l’Impero (Federico 1° detto il Barbarossa) ed i Comuni italiani. Nel 1632, pur rimanendo parrocchia, la chiesa passò ai Barnabiti che ne ampliarono la canonica trasformandola in collegio per i loro chierici ed in scuola pubblica. Anche l’edificio destinato al culto subì trasformazioni in stile barocco: del 1701 è la cappella del Crocefisso ornata in seguito dai dipinti del De Longe e del Boselli.


pianta prospettica di santa brigida

Dopo varie traversie determinate dai difficili rapporti intercorrenti tra potere politico (si era al tempo del dispotismo illuminato che caratterizzò l’ideologia di molti regnanti d’Europa) e religioso, la chiesa venne chiusa per un pò d’anni e trasformata in magazzino di deposito per il sale con gravi danni agli affreschi ed agli intonaci. Anche alcune casupole che si addossavano alle absidi ed la fianco Nord, concorrevano a deturparne l’estetica. Solo alla fine dell’800, quando la parrocchia incamerò i benefici delle soppresse chiese di San Giuliano, di San Gervaso e di San Giorgio in via Calzolai, si decise di provvedere ad una serie di restauri tra i quali fu contemplato, su progetto dell’arch. Perrau, il rifacimento della facciata. Dopo alcuni anni di polemiche tra organi di controllo e stampa locale, il Ministero diede la necessaria approvazione, ed i lavori vennero portati a termine nel 1899. Ispiratore ne fu l’allora parroco don Francesco Torta ed i risultati non furono adeguati. La chiesa si presentava con un falso stile gotico, mentre molti degli elementi romantici andarono distrutti. Nel 1924 vennero abbattute le casupole addossate al fianco nord della chiesa, eliminando la strozzatura con via Garibaldi. Se è Santa Brigida ad accentrare ancora oggi la vita spirituale della zona, sono sempre e tutt’ora i negozi, uno di fianco all’altro a contraddistinguerne la vita economica. La fisionomia commerciale è rimasta la stessa per oltre 50 anni; ovviamente sono mutati molti nomi di esercenti, ma le attività rimasero praticamente le stesse.


don Francesco Torta

Era una realtà piccolo borghese, cui si contrapponeva il diffuso pauperismo delle zone circostanti. I negozianti abitavano quasi tutti sopra le botteghe ed erano sovente proprietari delle stesse abitazioni. Non per questo si potevano chiamare benestanti, perché i loro guadagni restavano potenziali. Quanti crediti non riscossi o incassati solo durante le festività natalizie! Molti di loro erano citati dai più anziani: il fruttivendolo Carlòn con la moglie Carmela all’angolo con via Poggiali; il panettiere, la cartoleria Stucchi che si trasferirà successivamente dove è tutt’ora e dove prima vi era una farmacia; l’ortolana Vincenzina, la cartolibreria Fagnola, la drogheria Zucca. Ed ancora: la pasticceria di Bassano Bottani e quella chiamata “’dla piucina”, forse così denominata per lo spiccato senso di risparmio della proprietaria. Il negozio era noto anche per la vendita di “brisàl” che i ragazzi si recava a comperare con la “paghetta” della domenica, come del resto avveniva in molte altre zone della città.

All’angolo di via Santa Eufemia il bar Campelli, noto ritrovo di sportivi e tifosi di calcio. Inoltre la drogheria Astorrri, il panettiere Rasperini, il negozio di biciclette Omorame. Come si può notare affini attività convivevano porta a porta e ci piace immaginare i macchinosi sotterfugi messi in atto per attirare i clienti e la propaganda degli specifici prodotti che potevano dare più lustro ed esclusiva al negozio.


antica cartolibreria stucchi in piazza cavalli angolo via mazzini


interno negozio omorame-da negozi e mercati del '900 fotocroce

Una conformazione, quella di Piazza Borgo, prettamente commerciale, una gestione di gente tranquilla che attendeva con semplicità ai propri traffici, una caratteristica in linea con la tradizione storica della zona. Infatti già anticamente, come riferisce Nasalli Rocca nel suo volume “per le vie di Piacenza”, i notai vi tenevano banco all’aperto ed avevano insegne esattamente come le osterie e si denominavano “del grifone”, “del lupo” ecc. Chi vi si sedeva non sembrava temere di spaurire i clienti con nomi di bestie voraci, anzi forse la denominazione serviva come pubblicità. In una casa del Borgo, prima che si trasferissero verso il “nuovo centro”, si radunava il Collegio dei Mercatanti; in carte antiche è spesso nominata una “domus nuxii” che probabilmente era lo stesso ufficio della mercatura. Nel Medioevo infatti Piacenza, con Milano ed Asti, ebbe il primato fra le città mercantili, forse per la posizione geografica favorevole nelle pur scarse vie di comunicazione di allora. Antonio Bonora, in alcuni studi del 1865, annoverava tra i maggiorenti del commercio piacentino, un Boccabarile incaricato di trattare di cose commerciali a Parigi con il Re di Francia, un Rogerio ed un Todisco procuratori in Parigi di banchieri genovesi, un Guido Anguissola e Galvano Anguissola commercianti in Siviglia di mercurio; l’elenco si prolunga in una interminabile sfilza di nomi. Al di là della già ben nota tradizione mercantile di Piacenza, si devono dunque sottolineare le tradizioni di commercio e mercatura di Piazza Borgo, un angolo di Piacenza che a differenza di tanti altri, non ha modificato per decenni la propria fisionomia economico-sociale.

Così, proseguendo la nostra elencazione, ricordiamo ancora il panettiere Groppi, la pasticceria Bergonzi e l’ingrosso maglieria della Cerri. Su tutti “vigilava” il popolare macellaio “Mavlèi”, con esercizio nel punto della Piazza dove si biforcano via Taverna e via Campagna; era l’enfant terrible della zona, conosceva ogni aspetto della vita della borgata; le sue salaci battute sono state ricordate per decenni con simpatia. Ovviamente non poteva mancare un’osteria di cui però si è perso il nome. D’altronde bastava fare pochi passi verso via Taverna (Strà ‘lvà) e via Campagna e non c’era che l’imbarazzo della scelta. Sorgeva nelle casupole quasi di fronte al libraio Stucchi ed era un notorio “covo di rossi”, non ad indicare il vino, bensì la colorazione politica. Infatti durante i primi anni del fascismo fu teatro di varie incursioni come spesso subì la non lontana cooperativa di via Taverna che fu dedicata a Gaetano Luppi.


luigi fagnola e giulia pagani foto fine ‘800

Una delle figure più caratteristiche del Borgo fu il cav. Marcello Fagnola che improntò con il suo lavoro una delle pagine più interessanti della storia “libraria” piacentina, non solo per la lunga, intensa attività svolta, ma anche per l’incentivo offerto allo sviluppo editoriale in un campo particolare quale quello delle cartoline illustrate negli anni Trenta-Quaranta. Era nato a Piacenza secondo di cinque figli. Il padre Luigi gestiva una libreria in Piazza Borgo di cui era originaria anche la madre, Giulia Pagani figlia del fruttivendolo con negozio di fianco a Santa Brigida. Una vera e propria stirpe, quella dei Fagnola radicata nella popolare Piazza che nel Medievo, come ribadito, fu centro mercantile di primaria importanza. Morto prematuramente il padre, Marcello, ancora giovanissimo, fu costretto a cercare lavoro che trovò prima come garzone presso il tipografo Gasperini in via XX Settembre, poi presso la libreria dei fratelli Bernardi che occupava i portici di Palazzo dei Mercanti di Piazza Cavalli. Fu qui che apprese i rudimenti ed i segreti dell’attività che caratterizzò la sua lunga ed operosa esistenza. Dopo la “grande guerra” il cav. Fagnola, coadiuvato dalla moglie Valentina Tinelli, riuscì a riaprire il negozio paterno ed iniziare un nuovo capitolo della sua esistenza.


piazza del borgo - veduta del 1912

In un momento difficile per l’economia (riconversione industriale, economia stagnante), unì l’attività di librario a quella di fornitore di altri rivenditori della provincia, percorrendo ogni giorno in bicicletta le vallate del piacentino, spingendosi a volte anche nella provincia di Milano e Pavia. In questa diretta esperienza con le reali esigenze del lavoro e del mercato, il librario-viaggiatore, constatando la diffusione delle cartoline che metteva in mostra i tradizionali soggetti (fiori, paesaggi, fidanzati che si guardavano teneramente negli occhi), pensò di inserire anche riproduzioni piacentine, incentivando la produzione sperimentale iniziata da Giuseppe Garioni ed, in parte, dal tabaccaio Camisa. D’altronde l’ambiente era favorevole a questo genere di iniziative: la città pullulava di militari, si stava scoprendo il turismo nella provincia con centri come Castell’arquato, Veleia Romana, Grazzano Visconti. Il settore poteva contare sul supporto di un qualificato operatore come Aldo Ambrogio. Fagnola divenne così editore di cartoline con soggetto piacentino.

L’editore sceglieva i soggetti, inviava un fotografo, poi provvedeva alla stampa attraverso lastre. Nacquero così le edizioni L.F.P. (Luigi Fagnola Piacenza) che esordirono con “classici” come il Gotico, Piazza Cavalli, il Monumento ai Pontieri, il Giardino Margherita, i ponti sul Po. Di largo consumo anche le riproduzioni di caserme, essendo Piacenza città di militari. Quindi la serie dedicata ai paesi della Provincia. Una vita dunque dinamica, attiva, di un uomo di Piazza Borgo, pioniere qualitativo dell’editoria e cartolibreria piacentina, un’esistenza piena di tenacia nel “vecchio” centro cittadino.