penna

Rolando Bolzoni

il poeta dell'acciaio

Per Rolando Bolzoni si può parlare di una specie di "rivelazione sulla via di Damasco" (San Paolo). Un'illuminazione improvvisa e fulminea per l'arte e la scultura poi durata tutta la vita, con assoluto impegno, con quella esclusiva dedizione che non ha compromessi e alternative e che diventa vero e proprio motivo di vita. C'è qualcosa di logicamente inspiegabile nel "salto di qualità" di un artigiano specialista e abilissimo, profumatamente pagato, che decide di colpo, dall'oggi al domani, di diventare un artista mal pagato. Sono episodi rari ed emblematici che ribadiscono il fascino antico e immutabile che ha questa parola "arte" e che selezionano uomini che lasciano perdere consistenti buste-paga e bollini per la pensione per dedicarsi esclusivamente alla vocazione che li prende e li domina.

Il caso di Rolando va visto in questa fenomelogia. Era uno specialista nel settore delle macchine utensili e guadagnava bene (consumisticamente parlando). Ma era pur sempre un artigiano e non un artista, lavorava bene e preciso ma non creava niente. In lui, nel profondo del suo animo, doveva rodere il tarlo dell'invenzione, dell'immaginazione fervida e inquieta, dello slancio verso proprie creature da mettere al mondo sul piano più alto e suggestivo dell'arte.


La genesi di Rolando come scultore è questa. C'è per sempre una derivazione dal metallo (e soprattutto dall'acciaio) che guida il suo destino da artista. La sua scelta materica, infatti, scarta la pietra e il legno e predilige esclusivamente l'acciaio. Agli inizi c'è una prestigiosa "balia" che lo incanta e lo incalza verso la via dell'arte: Gustavo Foppiani. Nei frequenti incontri con il pittore piacentino (siamo negli anni 1966-67) Rolando via via cambia pelle e la crisalide artigiana mette ali di farfalla d'arte. A Foppiani giravano in testa degli stranissimi libri con pagine in acciaio e Rolando era l'attento e abilissimo esecutore "giocavamo a dama" ricorda Gustavo Foppiani "e parlavamo d'arte, di pittura, di scultura e lui era proprio come incantato. Capivo che era proprio maturo per il gran passo, con un entusiasmo che minimizzava ogni considerazione di ordine pratico, di soldi, di grosse difficoltà da superare, di rischi che la vita d'artista inevitabilmente comporta".

Rolando scultore nasce così, con tutto quel corredo di carattere, di indole, di personalità che già aveva come uomo. Era fondamentalmente impetuoso e ingenuo, popolarescamente candido e istintivo e cioè senza programmazioni di furbizie e compromessi. Aveva combattuto così nelle formazioni partigiane del Parmense perchè quella guerra era stata un'avventura ardente e giovane, senza prediche patriottiche e ideologiche. E così, ora, la sua scultura in acciaio rivelava la stessa genuinità, la stessa verità, lo stesso impeto verso immagini e significati nuovi. Pertanto la sua scultura non poteva essere tradizionale e scolastica proprio perchè per Rolando la tradizione non aveva senso ne spessore culturale e la cosi detta "scuola" non era esistita. La sua inventività puntava verso il nuovo e l'inedito anche se -ad un attento esame- nelle sue opere emergeva un'attenzione e una viva simpatia per quegli stilisti che operavano sulla materia con l'ironia, il sarcasmo, l'aggressività e il significato critico del simbolo.

Le sue prime sculture sono di intento spaziale e quasi astratto. Poi s'impone il ricupero dell'immagine non nei suoi dati descrittivi e figurativi ma come traccia, proposta, suggerimento, allusione. I suoi stranissimi vescovi e cardinali lucidi o costretti in quelle loro immobilità triangolari di acciaio inox, i caeutes stilizzati e pungenti, gli obelischi lanciati verso l'alto come razzi, le figure mitologiche, i suoi galli visti come scatti di linee intense e vitali, insomma tutte le sue opere più recenti, configurano una sorta di ribellione contro l'ovvio, l'accademico, lo scontato, "il già visto".


opere di Rolando: figura - fiore con farfalla - cardinale

Rolando si sentiva vivo così, con quella sua ostinata e assoluta fiducia in una creatività libera e senza schemi grammaticali, lanciata verso tutto ciò che poteva essere novità e avvenire. I suoi personaggi erano speranze, visioni o ricuperi di magie così perdute nel tempo da riproporsi come assolute novità. Trattava l'acciao con fervida ed estrosa abilità, a lamine, a sbalzo, con la fiamma ossidrica, a superficie intatta e lucida oppure lavorata con granulazioni, bruciature, patine e spessori magmatici di ruvida primordialità. La sicura tecnica dell'ex artigiano gli permetteva di portare avanti il progetto artistico che gli premeva dentro. Così i suoi pezzi, d'acciao, le sue lamine inox si trasformavano in discorso, contenuto, poesia.

Giorno per giorno, nell'infaticabile esercizio di una normalità seria e mai sfiorata da altre ambizioni, nell'ambito artistico piacentino si era formato quel suo personaggio popolare ed inconfondibile, simpaticamente esuberante e cordiale, fantasticamente inquieto ed estroso, svagato e dimesso in quel suo grembiule grigio sicuramente scelto come indumento-simbolo della gente che lavorava e faticava per vivere. Un grembiule grigio come l'acciaio che lavorava, (che chiamavano Gimarra), inconsumabile e resistente come la sua laboriosità, semplice e caldo come la confidenza che ispirava.

Lo si incontrava dappertutto così, fuori retorica, fuori ufficialità, fuori enfasi e celebrazioni, sereno e innamorato della sua vita e del suo lavoro di artista, libero come il vento, autentico e coerente, lontano da presunzioni ed ipocrisie. E così lo incontriamo ancora oggi immortabile e vivo, sul sentiero ancora verde dei ricordi. Rolando Bolzoni, nato a Piacenza il 10 gennaio 1926, vi morì il 2 maggio 1985. (dalla strenna piacentina 85, Ennio Concarotti).

Il battesimo del luogo magico. Nei primi anni del '70 tre amici (Napoleone, Nello e Rolando) continuano a incontrarsi nel luogo magico che poi verrà battezzato "Nanero",iniziali dei tre amici. In quel tempo si incontravano e cercavano materiali adatti alle loro esigenze. Nasce così una feconda collaborazione dei precursori del Trash Piacentino. Il sodalizio va avanti fra contestazioni e diverse vedute. Il Trash, sostenevano, deve essere genuino e non manipolato. Assemblare e non modificare, l'anima dello scarto deve rimanere tale, anche un chiodo ha il suo vissuto.


i tre del Nanero, Napoleone Benedetti-Nello Vegezzi-Rolando Bolzoni