penna

Pietro Marubi - fotografo

il primo fotografo d'Albania

Pietro Marubi (Piacenza, 1834-Scutari, 1903) è stato un patriota, fotografo e pittore italiano naturalizzato albanese, noto in Albania anche come Pjetër Marubi. Coinvolto nei moti risorgimentali in quanto sostenitore di Garibaldi e nell’omicidio del sindaco di Piacenza fu perciò costretto nel 1856 a riparare in Albania, allora territorio ottomano. Trasferitosi a Scutari aprì il primo laboratorio fotografico albanese, l’Atelier Marubi, che in breve tempo divenne uno dei più importanti dell’area. L’Atelier proseguì l’attività sino al 1944 grazie ai suoi collaboratori Rrok Kodheli e Kel Kodheli, ed in seguito al figlio di lui Gegë, documentando le vicende storiche dell’Albania e la vita quotidiana dei suoi abitanti.


Pietro Marubi autoritratto

Se il francese Luis Daguerre riuscì a realizzare la prima fotografia nel 1839, nel "paese delle aquile" la nuova arte arrivò solo 17 anni più tardi. Nel 1856 Pietro Marubi (Fotografia di Pietro Marubio Marrubi) aprì a Scutari il primo studio fotografico albanese. Marubi era un garibaldino, scappato da Piacenza per ragioni politiche. All'inizio si recò in Turchia, poi in Grecia e infine in Albania, a Valona. Nel 1856 arrivò a Scutari, e qui cominciò a lavorare come fotografo, in un paese ancora primitivo, immerso nel passato, e in cui nessuno sapeva fotografare. Nello stesso anno aprì lo studio fotografico chiamato "Driteshkronje", che significa fotografia. Sulle lastre di vetro coperte da legamenti d’argento fece il miracolo di far apparire figure che appartenevano a un medioevo albanese non ancora terminato, anche se eravamo già nella seconda metà dell’Ottocento. Uomini dai volti arcaici carichi d’armi, in abiti tradizionali in cui sono infilate enormi pistole a pietra focaia, o reggono fucili e stiletti. E donne intabarrate e colme di bigiotteria, fagotti senza sesso.

Pietro Marubi fu anche un eccellente pittore: un artista, un visionario, un pioniere con la passione della fotografia. Il suo atelier si specializzò in servizi fotografici non solo per privati (ritratti di persone o di famiglie), ma negli anni '70 Pietro -diventato nel frattempo Pjetër Marubi- eseguì dei servizi da reporter per "London News” e per la rivista italiana "Illustrazione Italiana" nel vilajet di Scutari.


passaggio della processione davanti allo studio Marubi

Pietro Marubi assunse come aiutante un giovane di Scutari di nome Kel Kodheli, che qualche volta lavorava con lui anche nello studio fotografico. Kel cominciò a occuparsi sempre più spesso delle fotografie oltre che dei lavori domestici. I fotografi Marubi erano conosciuti in tutte le regioni dell'Albania. Erano i preferiti di tutte le classi sociali. Secondo Angjelin Nenshatit, un allievo di Pietro, spesso le persone dovevano essere legate alla sedia per farle stare dritte durante il fissaggio della loro immagine, ed era ancora peggio se si trattava di bambini. Nelle celluloidi di Marubi sono impressi i paesaggi, le tradizioni, l’aristocrazia, la corte reale, gli abiti popolari e tutta la vita albanese. In particolare documentò momenti decisivi della storia albanese legati alla lotta contro la dominazione ottomana, come l’insurrezione di Mirdita del 1876 e la Lega albanese di Prizren (1878-81).

Il garibaldino di Piacenza riuscì a infrangere anche il divieto, in auge al tempo dell'impero ottomano, di fotografare la donna musulmana. Una sua foto di una ragazza musulmana che ha appena tolto il velo, è ammirata dagli studiosi sia per la freschezza, sia per la bellezza vergine e fragile che rappresenta l'Albania.
Pietro Marubi morì nel 1903 e lasciò in eredità a Kel la fotografia e anche il suo cognome. Kel Marubi (1870-1940) continuò così la tradizione fotografica albanese. Fotografò tutte le classi sociali, compresi i mendicanti. Con l’arrivo del nuovo secolo, s’impose la nuova tecnica delle lastre asciutte di gelatina di bromuro d'argento, che consentirono una maggior qualità ai lavori dello studio Driteshkronje, diventato nel tempo uno dei preferiti di tutti i Balcani per la fotografia professionale e lo sviluppo dei negativi.


uomini armati e in abiti tradizionali

La terza generazione della dinastia Marubi è rappresentata da Gegë, figlio di Kel, che negli anni Venti si recò a Parigi dove si diplomò nello studio dei Fratelli Lumière. Gegë applicò le tecniche più attuali di questa arte, utilizzando i raggi infrarossi, la solarizzazione e la foto in rilievo. Gegë Marubi vinse importanti premi internazionali, nel 1936 a Bari e nel 1938 a Salonicco. Visse fino al 1984, lasciando un deposito di circa 150 mila foto scattate tra il 1858 e il 1950, sequestrato dalla dittatura verso il 1970. Oggi queste immagini, conservate nel museo Marubi di Scutari, sono vanto dell’Albania e protette dall’Unesco, anche se –scrive Andrzej Stasiuk in un recente articolo su L’espresso– nel museo ne sono esposte solo una trentina, affidate a guardiani venali e poco accoglienti. “E dunque Garibaldi –conclude il giornalista– dovette fuggire da Tangeri fino in America, perché Pietro Marubi potesse finire in Albania e mettere il più recente ritrovato europeo di fronte a ciò che in Europa vi era di più antico”. E a noi sembra di vederlo, il piacentino Pjetër, aggirarsi per il bazar di Scutari, tra le donne in costume e i vecchi edifici della dogana, a chiedersi –prima di Chatwin– “Cosa ci faccio qui..?”.

Gli eredi della famiglia Marubi continuano ad abitare a Scutari anche se si dice che la dinastia Marubi finì con la morte di Gege Marubi. Ciò che conta è che nell’arco di un secolo e mezzo i Marubi hanno saputo creare un’arte magnifica!