penna

Affrica – Calore – Sudiciume – Lussuria



Bot Autoritratto futurista 1929

Dai suoi soggiorni libici, patrocinati dal governatore Italo Balbo, il piacentino Osvaldo Barbieri (in arte Bot) trasse ispirazione per un nutrito e variegato gruppo di creazioni a soggetto africano. L'atmosfera primitiva, sincera e a volte selvaggia, molto distante dall'Occidente, è stata per l'artista fonte di nuova ispirazione, con nuovi punti di vista, idee e immagini mentali. Aveva fatto di tutto nella vita, ferito in guerra, operaio, scaricatore al porto di Genova, nel 1926 si sposa con la sua Enrica e decide che sarebbe campato d’arte e di niente altro. Tra il 1928 e il 1934 sarà un attivista sfrenato al servizio della causa futurista, organizzando e partecipando a varie mostre ed eventi. Marinetti lo ama e lo odia, non gli piace un certo passatismo con cui Bot contamina le proprie invenzioni. Futuristi addio, nel 1934 avviene qualcosa che gli cambia la vita: parte per la Libia, è l’Africa.

Ora si chiama Naham Ben Abiladi e fa il pittore, l’incisore, fonda una rivista, partecipa a varie mostre, scrive poesie: il mal d’Africa prende anche lui come tanti altri artisti e poeti capitati là. Quando torna definitivamente in Italia nel 1940 è un’altro uomo, e allo scoppio della seconda guerra si ritira in campagna a dipingere paesaggi tristi. Nel periodo africano, poco prima di tornare in Italia, scrive fra le altre cose Pennellate sull’Affrica (tripoli, edizione de “la Fionda”, 1940), con la sua firma africanizzata in copertina. E’ una raccolta di poesie, e fra queste troviamo il manifesto
Affrica–Calore–Sudiciume–Lussuria, dove Bot dice tutto del suo amore per l’Africa, l’Africa lo aveva preso, chi sa se nel bene o nel male, con amore, senza pietà.


Pennellate sull’Affrica 1940

Affrica

Affrica ti amo.
Ti amo, perché sei terra del rischio, del sacrificio, dell’avventura.
Ti amo, perché ispiri, seduci, uccidi.

Affricani vi amo, perché siete neri, nudi, sudici; come la terra bruciante vi à creati, come natura selvaggia vi ha cresciuti.
Affricani vi invidio, perché nel vostro linguaggio, semplice e incisivo, non avete le nostre leziosaggini; col Gran Capo o con ‘accattone, usate il Tu.

Vi invidio, perché non vi siete creati la tortura del coltello inamidato, della cravatta scorsoia, dei guanti gialli, delle scarpe callifere.

Affricani vi invidio, perché non tenete il conto della vostra età, perché nei vostri villaggi non avete le inferriate, i catenacci, le casseforti.

Affricani, vi ammiro, perché combattete con l’arma coraggiosa: la lancia, perché lottate a corpo a corpo, nudi, col Re del deserto.

Affrica, ti amo, ti amo perché con te si sente la grandezza della Patria.


Affrica–Calore–Sudiciume–Lussuria