Natale in Casa Biacca - Il Consulto si Sciolse
"Racconti di Carmen Marciante"
Natale in casa Biacca
Natale in casa Biacca
Alice odiava le menzogne, purtroppo in quel periodo era la regina delle frottole, e questo le doleva. Osservava il figlio assorbito dai pacchi natalizi, tutto concentrato a srotolare nastri colorati dai doni e che ogni tanto la sbirciava per accertarsi che la madre condividesse il suo godimento. Come posso educare mio figlio all’onestà se io vivo nell’ipocrisia? Se io stessa ho rinnegato quei sani principi per cui mi gloriavo, come posso tramandarglieli? I pensieri di una madre tormentata furono interrotti da un “Mammaaa.. il camion giallooo.. Babbo Natale non si è scordato!“, le corse in grembo sbatacchiandole il grosso articolato sul viso. “Amore mio, è un bellissimo giocattolo“, il balocco sarebbe stato presto sostituito da una mastodontica macchina della polizia telecomandata, omaggio dei magnanimi zio Roberto e Oscar, lo zio acquisito, che nutrivano per il nipote un amore sconfinato. A quella adunata annuale c’era anche la madre di Alice, la Signora Angela, eccezionalmente il padre Saverio e suo fratello Paul (nome dato in onore del grandissimo Paul Newman, attore validissimo e uomo di grande umanità). Il ragazzo però era l’opposto del mitico artista, solitario, insicuro, privo di amici e molto, troppo grasso. Puntualmente il 25 Dicembre di ogni anno si trovavano a condividere la stessa tavola rotonda addobbata rigorosamente con tovaglia di cotone e tovaglioli cremisi, centrotavola di ceri bordeaux sorretti da mesti angioletti paffuti. Il tutto naturalmente nella villa di Lucrezia. Come ad ogni radunata familiare, si incontravano anche i due teneri animaletti delle fazioni opposte: Elisabeth, la cagnetta di Lucrezia, dal nome e dal portamento regale, e Totò il gatto della famiglia di Alice, raccattato dalla strada quando Alice viveva ancora con i suoi e da lei così battezzato. Mammina sciorinava la sua delicatissima barboncina dal candido pelo soffice e vaporoso. Il collare di strass nelle occasioni di festa, o di cotone nei giorni feriali, rigorosamente in tinta con il fiocchetto sul capo. Solitamente quando non abbaiava stridulamente per qualsiasi circostanza o non c’era Totò nei paraggi, oziava nella sua cuccia trapuntata, attorniata da ogni tipo di peluche, o ronfava sulle ginocchia di mammina cullata dai grattini sul morbido testino. Veniva nutrita solo di cibo da gran gourmet, imboccata da mammina che tempestivamente le ripuliva il musetto con morbidi fazzolettini, un insulto al mondo canino! L’europeo della famiglia di Alice era invece un gatto di grossa stazza dal folto e bellissimo pelo nero lucido. Per nulla diffidente e molto giocherellone, aveva cancellato dal proprio DNA secoli di tipiche caratteristiche feline. Divoratore di ciotole stracolme di avanzi, o di qualsiasi alimento gli fosse proposto, sopportava paziente gli attacchi dell’altezzosa barboncina scegliendo come tattica l’indifferenza. A causa di una carie incipiente emanava un odore nauseabondo ogni volta che alitava, e non si poteva sostenere che la Signora Angela e famiglia non avessero provato di tutto per alleggerire il lezzo. “Piero, ma è possibile che ogni anno devo passare il mio Natale con quella gente?“ disse a voce bassa mammina in cucina, mentre impartiva le ordinarie lezioni di taglio del cappone a Jalice. “Lo so mamma che ogni anno ti devi sacrificare, ma fallo per me, altrimenti dovrei sorbirmeli da solo“. “Amore, lo sai che per te farei qualsiasi cosa“. “Grazie mamma“. “Ma quel gatto, con tutto quel pelo, mi riempie i miei preziosi tappeti antichi e quella lì…“ disse indicando la domestica “ .. io la pago ad ore!“ “Hai ragione, e poi quel gattaccio nero secondo me, porta anche sfortuna“. “Per non parlare poi di quel ciccione di là, non hai visto come s’ingozza tutto quello che gli passa sotto le mani?“ Lucrezia si riferiva evidentemente a Paul, eccessivamente di buonissima forchetta. Appena il povero gallo castrato fu debitamente tagliato fu esibito a tavola. “Ho fatto il cappone, ho comprato il più costoso“. Mammina sfoggiava lo sventurato volatile scelto per il sacrificio annuale come se fosse una gemma preziosa, in occasioni come quella solo Totò e Paul sembravano interessarsi alla questione. Mammina compiva, senza pentimenti, olocausti di polli. Guai però a chiamarli così! Il cappone era un pregiato castrato, la cui carne era nettamente superiore di qualità all’insulso pollo. Mentre la Signora Angela si sciroppava la rinomata ricetta del cappone, Piero occupava il posto vicino alla moglie, studiandola laconico, si augurava che almeno quest’anno gradisse, per accontentare mammina, il morbidissimo cappone. La scena che si svolse dopo fu terribile per tutti, peggio del momento dell’apertura dei regali per Alice. “Eh no, cazzo! Il cappone al gatto no!“ Alice pizzicata mentre di nascosto sotto la tavola nutriva l’avido Totò, si atterrì all’esclamazione di mammina. Nessuno al mondo l’aveva mai sentita imprecare con con tanta veemenza
.Regalo e annesso Biglietto d’auguri Fiscali
Quale vendetta migliore per mammina se non l’apertura del suo regalo per Alice? “I regali di mamma sono sempre ben riusciti, vero Alice?” disse quel grande leccaculo di suo marito. “Si” intervenne ironica la signora Angela a sostegno della figlia, “ricordo ancora l’anno in cui Alice partorì. Ricevette un magnifico golfino rosa, di una taglia in meno e con ancora il cartellino del prezzo”. “Ma Alice odia il rosa, vero ragazzina?” constatò ingenuamente il padre, guardando la figlia che taceva. “Oh cielo!” replicò Lucrezia simulando gentilezza. “Sua figlia era in soprappeso, io l’ho solo spronata a perdere qualche chilo”. “Mia madre l’ha fatto per il suo bene”, aggiunse ironico Roberto conoscendo bene l’irriverenza della donna. “E poi il rosa va capito”, concluse al pubblico con vero istrionismo. “Oh mia cara, che negligenza. Davvero ho lasciato il cartellino del prezzo attaccato al dispendioso regalo? Che dimenticanza da parte mia”. “Si almeno si è visto che lei non l’ha comprato dai cinesi, come i regali che fa mia sorella”, si lamentava Paul con la bocca ancora in movimento. “Non si parla con la bocca piena, maleducato” lo rimproverò Saverio che non aveva percepito la gaffe. “Ebete” lo apostrofò Alice quando gli si accostò. “Tu non parli mai ma quando lo fai dici un sacco di stronzate. E poi tu da che parte stai?” Angela fu rapida a coprire la figuraccia della figlia esclamando: “Oh che bello, si aprono i regali! Forza che non stò più nella pelle”. Come da sceneggiatura anche quest’anno il “caro” presente di mammina, un altro pregiatissimo e pungente maglioncino di pura lana vergine di una taglia più grande, era accompagnato dal suo bigliettino d’auguri fiscale. “Oh cielo, com’è cara lei Lucrezia, si preoccupa senza sosta della mia silhouette, un Natale mi gradisce magra e un altro grassa” disse sarcastica Alice. “Figurati cara” minimizzò Lucrezia con un gesto umile della sua curatissima mano, per indicare che non voleva ringraziamenti. Finite le tragedie del cappone e dei regali, finalmente si passò all’ultima fase rilassante e deprimente, quella della tombolata. Punto in cui Saverio, puntualmente, si addormentava al dolce suono dei numeri, lasciava scivolare la mano sulle cartelle rovesciando tutti i fagioli che andavano a coprire i numeri usciti. Fu in quell’istante che Alice captò un doppio squillo provenire dalla sua borsetta in corridoio. Precipitandosi in bagno e serrando la porta a chiave, rispose al segnale convenuto, lasciando i giocatori che ripetevano stizziti da capo tutti i numeri già sorteggiati. “Dio quanto mi manchi” bisbigliò Lucio da un altro bagno a distanza chilometrica, l’oro viene a costare di più quando sta per mancare. “La tua telefonata è il regalo più prezioso che abbia ricevuto questo Natale” dichiarò Alice, infrangendo la licenza poetica con il rumore dello scarico della tazza per mascherare la sua conversazione con Lucio ai giocatori nel salone. “Quando ritorno ti prendo e ti rapisco” promise Lucio. “Tu mi prometti le promesse”. “Dai non scherzare Alice, dico sul serio” Alice intuì dalla modulazione della frase che Lucio era serio, lei rispondeva con sarcasmo. Interruppero la telefonata per decorrenza del termine a loro disposizione. “Posso parlarti?” Roberto chiese alla cognata di seguirlo in cucina. Mentre il ragazzo litigava con un ananas che non ne voleva sapere di aprirsi, Alice si accese una sigaretta e sbuffò una nuvola di fumo, in attesa di avviare il colloquio con il suo interlocutore. Roberto si confermavo l’unico della famiglia di suo marito che sembrasse stimarla e gradirla, semplicemente per quello che lei era, con le sue qualità e con le sue pecche. A sua volta Alice apprezzava senza preconcetti quel giovane che senza titubanze palesava la sua condizione di omosessuale, e che tutti facevano finta di ignorare. Accettandosi lui per primo, non si dava pensiero dei tabù della gente e soprattutto del perbenismo di mammina, che piuttosto che ammettere un figlio gay, si sarebbe fatta torturare. Con questa premessa di rispetto reciproco i due iniziarono a comunicare. “Alice, sono preoccupato per te. Sei troppo magra, ti stai dissolvendo lentamente. A me puoi dire che hai, anche tua madre è in pensiero per te”. “Si lo so già, me l’hanno fatto notare”. Quando parlava Roberto aveva una delicatezza e un garbo che coccolavano, le sue movenze così signorili e raffinate potevano far invidia alla sensualità di molte donne, compresa mammina che pur impegnandosi risultava boriosa e altezzosa. “La nostra vita è talmente preziosa che va curata come una piantina e non lasciarla seccare”, soggiunse. “Tu come fai a essere così?.. Voglio dire come fai a non tradirti mai?” chiese Alice smorzando il mozzicone nel posacenere. “Io ho scelto di essere me stesso, altrimenti avrei vissuto nel rimpianto di chi sarei potuto essere ed invece non sono stato” e per sdrammatizzare disse “ma non dare retta a questa povera checca che con i suoi principi si è giocata l’eredità di mammina”. Risero entrambi e con un fraterno abbraccio Alice gli mormorò all’orecchio un grazie sincero per il suo amorevole interessamento. La donna non riuscì a confidargli veramente le sue pene, però si sentì veramente amata e in empatia con quel delizioso ragazzo. Sicuramente si fidava di Roberto, però i quella circostanza era impreparata ad affrontare una lunga cronaca della sua situazione. Inoltre aveva timore di minimizzare le sue emozioni, avrebbe voluto trasmettergli totalmente tutto il corso degli eventi, accompagnati dai suoi profondi tormenti. Era consapevole che quella non era l’occasione adatta, sicuramente si sarebbe ripresentato il tempo giusto. In quell’istante si chiese solo, con rammarico, perché suo marito non avesse ricevuto in eredità almeno le metà della dimensione delle palle di suo fratello.
(tratto dal romanzo “Coincidenza” edit. Linee infinite di m. ferrari e c.)
(tratto dal romanzo “Coincidenza” edit. Linee infinite di m. ferrari e c.)
Il Consulto si Sciolse
Il consulto si sciolse, e mentre la famiglia era riunita nel grande salotto ridacchiando ogni anno per l’opera teatrale di Edoardo De Filippo Natale in casa Cupiello, la scaltra mamma Pia elargì alla disgraziata nuora le direttive pratiche sul da farsi una volta tornata a casa. Con la sua supervisione e la sopportazione della nuora, quel rapporto si sarebbe troncato, in barba alle carte e a chi le faceva! Concetta si avvicinò a Lucio che pareva assorto dal programma che davano alla tv. “Da quando ti interessano le televendite?“ Sullo schermo apparivano due chiappe perfettamente sode ed invidiabili, vibranti al ritmo di una oscillante fascia elettrica. “Oh.. “ trasalì l’uomo “non guardavo neanche“. “Sì, lo so. Posso sedermi vicino a te?“ “Certo, vieni pure“ le fece spazio togliendo gli ingombranti cuscini ordinatamente disposti al suo fianco. “Come ti vanno le cose?“ “Bene grazie“ riferì poco convinto stringendosi ad uno dei cuscini prima scostati. “Mah, a me sembri un po’ assente quest’anno“. “Non sfugge niente a te, eh?“ “No, mai niente“. Concetta lo fissò dritto negli occhi, l’uomo ebbe un attimo di terrore, che passò subito leggendo negli occhi la sensibilità e l’amorevolezza di quella singolare donna. “Nel passato ho cercato di dare consigli a tua moglie, ma non mi ha mai ascoltato“. Concetta riferì all’amico il caso dell’icerberg. “Non sprecare fiato Concé, lei non cambierà mai e sinceramente… “ e prima di proseguire Lucio fece spallucce, “…non m’interessa minimamente che lo faccia, il tempo per noi è scaduto“. “Sei sulla strada giusta, Lucio“. “Cosa?“ “La donna dai capelli color del grano…“ “Non capisco, Concetta“, ora Lucio era veramente turbato e si alzò dal divano, gettando a casaccio il cuscino. “Il vostro è un grande amore come una volta sola capita nella vita, ma devi essere forte tu per tutti e due“. Lasciando la stanza, quasi incespicando sul filo che alimentava il presepe, fece finta di non udire le ultime parole rivolte a lui, convinto sostenitore che il futuro non andava predetto. Prima di tutto perché il corso della vita doveva fare il suo naturale cammino, con le adeguate azioni realizzate nel presente era possibile dare origine ad un meraviglioso futuro, includendo solo l’ausilio di se stessi.“Siete due anime gemelle, siete due undici!“ gli gridava ancora dietro Concetta.
(tratto dal romanzo “Coincidenza” edit. Linee infinite di m. ferrari e c.)
(tratto dal romanzo “Coincidenza” edit. Linee infinite di m. ferrari e c.)
Coincidenza - di Carmen Marciante